Montanari, ossia l'estremismo malattia infantile del velleitarismo di sinistra

L’articolo apparso su MicroMega qualche giorno dopo le elezioni in Emilia Romagna è un compendio di tutto l’arsenale nichilistico con cui, alcuni intellettuali che si sentono depositari del Verbo della Sinistra

Stefano Bonaccini
Stefano Bonaccini
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Antonio Rinaldis Modifica articolo

4 Febbraio 2020 - 09.11


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L’articolo di Tommaso Montanari apparso su MicroMega qualche giorno dopo le elezioni in Emilia Romagna è un compendio di tutto l’arsenale nichilistico con cui, alcuni intellettuali che si sentono depositari del Verbo della Sinistra, analizzano le tormentate circonvoluzioni della politica italiana. L’aspetto paradossale di tutta la vicenda è che una parte considerevole delle riflessioni di Montanari finisce per collimare con le argomentazioni di quella Destra che l’intellettuale fieramente dichiara di voler combattere.

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Molte e inquietanti sono le ombre che Montanari individua nella vittoria di Bonaccini.

Per intanto la vittoria non è una vera vittoria, perché una buona parte degli elettori emiliani hanno votato per il centro destra. Grazie professor Montanari perché ci ha svelato una verità sconvolgente, perché non ci eravamo accorti che non solo l’Emilia Romagna, ma l’intero Paese è attratto dalle proposte socialfasciste, e noi siamo così ingenui da non averlo capito, frastornati dall’euforia post elettorale. Non è così, e nessuna persona ragionevole ha pensato che la vittoria di Bonaccini avrebbe cambiato la storia del mondo, ma non si può negare che un successo della Destra, dopo una campagna elettorale farcita di gaffe, ultimatum al governo e attacchi squadristi a cittadini stranieri, sarebbe stato un pessimo segnale per lo stato di salute della democrazia italiana. Nella logica del cupio dissolvi di Montanari le conseguenze nefaste di un’affermazione della coalizione socialfascista vengono invece catalogate come la giusta punizione per gli errori di una Sinistra che ha tradito gli ideali e gli idealisti che la sostengono.

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Nella dura requisitoria di Montanari non viene risparmiato neppure il movimento delle Sardine. 

Sulla stessa linea di Meloni e Salvini si lascia intendere che le Sardine siano un movimento eteroguidato, al servizio del “mantenimento dello stato di cose”, che sono in buona sostanza il governo e il Partito Democratico incluso. Montanari, oscurato dalla sua vis polemica, dimentica che le Sardine sono una delle esperienze più interessanti del panorama politico italiano, una rivolta contro la deriva culturale e civile che ha coinvolto gran parte della classe dirigente, e un segnale di vitalità di quella società civile alla quale ci si rivolge sempre in maniera strumentale, salvo poi insinuare tesi complottiste ogniqualvolta cittadini e cittadine scelgono di organizzarsi in maniera autonoma e spontanea.

Fedele alla sua linea distruttivista Montanari ritiene che i frutti velenosi della vittoria di Bonaccini saranno molti e fra questi indica un risveglio di interesse per il sistema elettorale maggioritario, senza peraltro fornire riscontri oggettivi. Parrebbe che il Partito Democratico abbia riscoperto la passione per il maggioritario, con le inevitabili conseguenze autoritarie per l’intero sistema politico, e “il congedo del pensiero critico”; ancora una volta si fa confusione e si sbaglia il target, perché l’avversario non è il Partito Democratico, che vorrebbe “consolidare le posizioni di rendita”, bensì la Destra socialfascista, che spera dio fare il pieno di voti e di seggi. Per demolire questo impianto complottista sarebbe sufficiente rileggersi l’intervista che Dario Franceschini ha rilasciato il 29 gennaio, nella quale ha ribadito la scelta di varare una legge proporzionale. Quindi viene meno l’ipotesi di una svolta autoritaria che verrebbe guidata dal Partito Democratico, che appariva del tutto inverosimile.

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Le stoccate polemiche di Montanari suonano particolarmente stonate in un momento in cui finalmente sembra avviarsi un processo di ricomposizione dello schieramento progressista, superando quella sinistra molecolare, alla quale evidentemente il critico d’arte è rimasto nostalgicamente legato. Il pensiero unico non si combatte nell’apologia di un’eterna opposizione, ma utilizzando la critica all’interno di una reale prospettiva di governo e di cambiamento. L’estremismo è da sempre la malattia infantile del comunismo, come avevano opportunamente evidenziato sia Marx, sia Lenin, e non ha mai prodotto nulla, se non la difesa sterile di una purezza ideologica che, se può risultare affascinante e seducente sul piano del pensiero puro, è però del tutto inadatta ad affrontare la complessa ragnatela della realtà storica. La dura fatica della mediazione fra forza politica, realtà materiale e ideologia è un’arte difficile, perché implica uno sforzo continuo di adattamento e di sintesi, che solo menti illuminate sono in grado di operare. Il campo della Sinistra deve essere riempito di contenuti e di progetti, sarebbe sufficiente prestare attenzione alle questioni dell’ambiente, per una riconversione in senso ecologista dell’economia, ripensare il lavoro e i suoi diritti, in un’epoca di ulteriore automazione che accentua la mobilità e la precarietà e infine creare un sistema fiscale che realizzi pienamente una armoniosa proporzione fra reddito e imposta, in modo da realizzare una redistribuzione della ricchezza.

In fondo si tratta di un’utopia concreta che si spera abbia un respiro maggiore dell’esperienza fallimentare del Brancaccio, che avrebbe dovuto creare le premesse per una nuova Sinistra con l’ennesima sigla con un nome piuttosto ambizioso come Alleanza Popolare per democrazia e l’uguaglianza, di cui a distanza di meno di tre anni non si ha più memoria, e che aveva visto tra I protagonista proprio il professor Montanari.

  

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