Ora inizia la facile più difficile. Dopo i flash mobile è il momento delle scelte e delle opzioni politiche.
“Non chiediamo riconoscimenti ma ascolto: abbiamo orecchie, occhi e cuori sparsi per l’Italia e tante storie da raccontare che varrebbe la pena concedersi il tempo di ascoltare”.
Le ‘sardine’ hanno scritto una lettera al premier Giuseppe Conte. Nella missiva, firmata ‘6mila sardine’, la richiesta di essere ascoltate sul loro programma, articolato in tre punti fondamentali: Sud, sicurezza e dignità.
“Non siamo un partito -precisano- e neanche un governo ma quella connessione che la politica va cercando da decenni e quell’abbraccio che per troppo tempo è mancato tra noi italiani. Siamo il ritorno alla partecipazione, ma non presentiamo conti da saldare. Abbiamo però un obiettivo: intendiamo arrivare dove gli slogan del populismo rischiano di ingannare gli elettori di oggi per poi generare i delusi di domani”.
“Vorremmo arrivare – sottolinea il movimento – nei luoghi in cui la politica rischia di perdere il suo senso più nobile, lì dove qualcuno pensa che la dignità dei cittadini valga meno di una manciata di voti. Per farlo abbiamo bisogno di capire di chi possiamo fidarci: noi procediamo in banchi, ma sappiamo bene che in mare aperto è possibile imbattersi in predatori famelici. Abbiamo bisogno di confrontarci, di dialogare e trovare interlocutori credibili e leali.”
“Capiamo l’attenzione delle politica parlamentare, ma – scrivono ancora le ‘Sardine’ a Conte – abbiamo bisogno di risposte e non di attestati di simpatia. Nutriamo profondo rispetto verso le Istituzioni, e abbiamo un alto senso dello Stato: è per questa ragione che abbiamo sentito l’urgenza di metterci la faccia e il corpo in un momento di grave crisi di valori. Preferiamo i politici coraggiosi e lungimiranti a quelli che ogni giorno dicono di risolvere un problema. Vogliamo essere l’argine laddove una certa politica genera macerie, legittima un linguaggio d’odio che colpisce chi non risponde a precisi schemi sociali di potere, disegna cornici entro le quali la diversità e la pluralità costituiscono un ostacolo invece che un’opportunità”.
“Amiamo la politica anche se ce n’eravamo dimenticati essendoci spesso sentiti orfani di rappresentanza. Crediamo nel ruolo dei corpi intermedi. Ci fidiamo forse più di noi stessi che della classe politica, eppure siamo pronti a metterci in discussione perché crediamo nel processo di riavvicinamento che abbiamo intrapreso. Ma sappiamo bene che tutto ciò non dipende solo da noi cittadini. Vediamo tanta confusione, sia nel Paese, sia nel Parlamento, ma ci piace pensare che la matassa da sbrogliare possa diventare una rete di salvataggio”.
“Non ci presentiamo a Lei – concludono – nelle vesti di oracoli ma ci conceda, per un giorno, di sentirci come Ermes. Smettiamola di considerarci solo come elettori e politici. Iniziamo a onorare i nostri ruoli di cittadini e amministratori. Ognuno faccia la sua parte ma torniamo a dialogare. Crediamo possa essere questo il primo nodo da sciogliere, il primo passo verso un’Italia migliore”.
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