Dal Financial Times grattacapi per Conte: legato a un fondo, indagato dal Vaticano
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Dal Financial Times grattacapi per Conte: legato a un fondo, indagato dal Vaticano

Uno scenario che fa intravedere un conflitto d'interessa del Premier con al centro il varo del decreto "golden power".

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28 Ottobre 2019 - 08.20


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“Un fondo di investimento sostenuto dal Vaticano al centro di un’indagine sulla corruzione finanziaria era alla base di un gruppo di investitori che assunse Giuseppe Conte -ora primo ministro italiano- per lavorare su un accordo perseguito poche settimane prima che assumesse la carica”. Lo scrive il ‘Financial Times’.
“Il collegamento con Conte -prosegue l’articolo- rivelato in documenti esaminati dal Financial Times, probabilmente attirerà un ulteriore esame sull’attività finanziaria del Segretariato di Stato vaticano, la potente burocrazia centrale della Santa Sede, che è oggetto di un’indagine interna su transazioni finanziarie sospette”.
“Conte era un accademico di Firenze poco conosciuto quando è stato assunto a maggio 2018 per fornire un parere legale a favore di Fiber 4.0, un gruppo di azionisti coinvolto in una lotta per il controllo di Retelit, una società italiana di telecomunicazioni l’anno scorso. L’investitore principale in Fiber 4.0 è stato l’Athena Global Opportunities Fund, finanziato interamente da 200 milioni di dollari dal Segretariato vaticano, gestito e di proprietà del finanziere italiano Raffaele Mincione”, prosegue il Financial Times.
Il giornale ricorda che “la fonte finale dei fondi di Mincione non è mai stata dichiarata nella battaglia degli azionisti per il controllo di Retelit ed era sconosciuta prima che la polizia vaticana questo mese facesse irruzione negli uffici del Segretariato per sequestrare documenti e computer a causa della preoccupazione per un affare di proprietà di lusso a Londra stretto con Athena”.
Oltre a ripercorrere le recenti vicende giudiziarie interne al Vaticano sulla vicenda, il quotidiano rileva che “Conte è balzato dall’essere un politico sconosciuto a guidare un governo populista italiano nel giugno 2018” e ripercorre le tappe della crisi d’agosto e del nuovo esecutivo da lui presieduto con Pd e M5S. Si ricorda, inoltre, che “ha già affrontato accuse di conflitto di interessi in relazione all’accordo Retelit, dopo aver emanato un decreto basato sul cosiddetto ‘golden power’ che favorito i suoi clienti di una settimana prima di diventare primo ministro. Ha negato ogni conflitto di interessi ma è verosimile che debba affrontare nuovi approfondimenti sui suoi legami con la transazione e il coinvolgimento del Vaticano”.

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