La fronda esiste. Ed è noto che se M5s fosse un movimento davvero libero e non an cosa una mezza setta nelle mani della Casaleggio Associati e se i parlamentari potessero votare liberamente e senza condizionamenti Di Maio otterrebbe il gradimento di pochi miracolati.
Tutti gli altri non hanno la benché minima fiducia in Giggino da Avellino.
E queste turbolenze potrebbero manifestarsi alla Camera dove di sono 25 deputati del MSs meditano di votare contro la legge che taglia 345 parlamentari.
Legge, arrivata oggi alla definitiva lettura, che è stata la condizione posta da Luigi Di Maio per la nascita del governo con il Pd.
L’indiscrezione viene dalla Stampa spiegando che i numeri dei dissidenti potrebbero anche salire a 30.
Per molti di loro, il voto è un pretesto per aprire la breccia che porterà all’esodo. In queste ore gli smartphone dei grillini non hanno pace. Telefonata dopo telefonata si sono sondate le intenzioni. Francesco Silvestri, candidato al ruolo di capogruppo, è stato messo al corrente. Di Maio sa tutto. Non solo. Pure il Quirinale è stato informato e filtra una certa preoccupazione del presidente Sergio Mattarella.
Tutto fa pensare che, alla fine, la protesta rientrerà e che tutti voteranno compatti.
Ma la vigilia è ricca di tensioni: ieri si sono esposti in due. Andrea Colletti ha fatto un lungo elenco delle cose che non vanno, dai senatori a vita alla rappresentanza regionale. Di “luci e ombre» ha parlato Gianluca Vacca, ex sottosegretario. Tra gli effetti distorsivi che in tanti hanno segnalato c’è anche questo. L’Italia dalla testa della classifica finirebbe in coda ai Paesi europei per rappresentanza in Parlamento. Un tema che andava affrontato meglio, secondo i grillini in dissenso, convinti che bisognava intervenire di più sui regolamenti ed evitare una battaglia molto mediatica ma che porta pochi risparmi. La ribellione salda malumori di diverso tipo, non tutti coordinati.
Tra di loro però c’è un gruppo di almeno 15 deputati che da qui alle prossime settimane si tiene pronto alla scissione con un programma asciutto di pochi punti, tra cui la legge proporzionale e una reale democrazia interna. Farebbero un gruppo autonomo, cercando di diventare a loro volta attrattivi nell’area dei progressisti per spegnere le sirene renziane e puntellare il governo
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