Cos'è il Tap, il gasdotto che sta mettendo contro Lega e M5s?
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Cos'è il Tap, il gasdotto che sta mettendo contro Lega e M5s?

Per Salvini farà risparmiare agli italiani il 10% sulla bolletta. Per Lezzi e Di Battista, invece, è un'opera inutile che va abbandonata. A Emiliano basterebbe una modifica sul progetto, Conte per ora prende tempo.

Scontri per il Tap
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6 Agosto 2018 - 09.36


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“Ci sono fior di tecnici e di docenti che stanno valutando il rapporto costi-benefici. Dai nostri dati, sembra che i benefici superino i costi nel caso delle pedemontane, del terzo valico e del Tap, che ridurrebbe del 10% il costo dell’energia per tutti gli italiani”. Matteo Salvini, dalle colonne della Stampa, risponde per le rime ad Alessandro Di Battista, che ieri da Puerto Escondido aveva festeggiato il suo quarantesimo compleanno salutando il popolo Cinquestelle e richiamando i dirigenti del Movimento alla corerenza sui progetti Tav e Tap, bollandole come ‘opere inutili’.

Il 30 luglio, da Matera, un’altra Cinquestelle, la ministra per il Sud, Barbara Lezzi, aveva detto già la sua sul gasdotto Tap, facendo capire che quella è la linea del Movimento. “Non è un genere di investimento che serve né al Salento, né alla Puglia, né all’intera Italia. Si parla di questioni che stanno alla politica energetica, a quella ambientale e a quella economica. Su tutto ciò il gasdotto non avrà significativi vantaggi per l’Italia”.

Il Tap – ricorda La Voce.info, fa parte del Corridoio meridionale del gas (Southern Gas Corridor o Sgc). Si tratta di un insieme di progetti di infrastrutture parzialmente finanziati dall’UE e destinati a incrementare la diversificazione delle fonti e la sicurezza degli approvvigionamenti, grazie al trasporto di nuovo gas naturale, proveniente dall’Asia centrale. È dunque un pezzo, quello finale, di un progetto più ampio: un gasdotto lungo complessivamente quasi 4 mila chilometri, di cui il tracciato Tap in senso stretto copre 878 chilometri (550 chilometri in Grecia; 215 chilometri in Albania; 105 chilometri nell’Adriatico e 8 chilometri in Italia).

“La scelta strategica del corridoio Sud del gas è condivisa dall’Italia e Tap, che è parte di questo corridoio, è il naturale completamento di questa scelta”, aveva detto giorni fa il capo dello Stato, dopo il suo incontro con il presidente della repubblica dell’Azerbaijan. Mentre il premier Giuseppe Conte aveva rassicurato anche Donald Trump sul fatto che l’Italia consideri strategica l’opera e un impegno già preso, salvo poi ammorbidire i toni durante un incontro con il sindaco di Melendugno (comune salentino di 10 mila abitanti, molto interessato all’opera).

Leggi anche:  M5s, l'altolà di Conte: "Resti progressista o dovrà trovarsi un altro leader"

“Se dovessero emergere criticità oggettive non valutate o sottovalutate dalla società proponente, Palazzo Chigi ritiene che si potrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di non realizzare la Tap con approdo a Melendugno. Utilizzeranno lo stesso metodo di Ilva vagliando le carte e valutando se ci sono delle criticità”. Queste le parole di Conte, che poi ha aggiunto“mi hanno rappresentato alcune criticità del progetto Tap. All’esito di questo scambio, ho assicurato loro che questo governo opererà una valutazione approfondita di tutti gli aspetti segnalati e una attenta ricognizione delle attività sin qui svolte. Ovviamente – ha concluso Conte – ho anche rappresentato che si tratta di impegni giuridici già deliberati dal precedente governo”.

Insomma, La Tap divide. Salvini e Mattarella, per motivi diversi, sono per rispettare gli impegni presi e portare avanti il progetto. Di Battista, forse tutto il Movimento e gli amministratori locali, sono per fermare tutto. Pochi giorni fa era stato il governatore della Puglia Michele Emiliano (Pd) a chiedere a Di Battista di ‘metterci la faccia’ e accettare l’ipotesi quanto meno di modificare il progetto. “È vero – aggiunge il governatore – la Puglia non ha mai detto di voler bloccare il Tap, ma solo di spostarlo un po’ più a nord per evitare rischi per i bagnanti su una delle nostre più belle spiagge”. “Quello che non posso accettare è che i pugliesi che hanno votato M5S – aveva detto Emiliano – siano stati presi in giro. Tutti sapevano o dovevano sapere anche all’epoca di questo comizio che il Tap non si poteva bloccare a causa di un accordo internazionale di molti anni fa. Adesso Di Battista deve metterci la faccia accanto a noi pugliesi e provare a spostare l’approdo in una zona meno dannosa. Dimostrerà così di essere la brava persona che molti di noi pensano che sia”.

Ma che cos’è e come dovrebbe funzionare il Tap? Molto chiara la sintesi che ne fa il sito La Voce.Info:

Il Corridoio meridionale del gas è fra i sistemi di gasdotti più complessi mai realizzati al mondo. Attraversa sette paesi coinvolgendo una decina fra le principali società del settore. Attiva progetti energetici per un investimento complessivo di oltre 50 miliardi di dollari, che comprendono lo sviluppo del giacimento di Shah Deniz sul Mar Caspio e la creazione di tre reti di gasdotti: il South Caucasus Pipeline (Azerbaijan, Georgia, Turchia), il Trans Anatolian Pipeline (Turchia) e appunto il Trans Adriatic Pipeline (Grecia, Albania, Italia).

Questa breve premessa serve a rimarcare il carattere strategico internazionale di un’infrastruttura che va molto oltre le piccole scaramucce della nostra politica.

I problemi aperti

Uno dei problemi del Tap – e del nostro dibattito domestico – è l’errata percezione (ovvero la sottovalutazione) della rilevanza del tema nello scacchiere internazionale. A noi pare di avere tutte le carte del mazzo per poter decidere la soluzione che più ci piace, ma in realtà la situazione è molto più complessa e richiederebbe maggiore attenzione.

La figura 1 riporta qualche dato che riguarda l’Italia, il gas naturale e il rapporto con la Russia: a una produzione domestica di gas naturale in declino – elemento peraltro in comune con il resto dell’UE – fanno da contraltare importazioni che continuano a crescere e fra queste quelle russe rivestono particolare importanza.

Giova ricordare che gran parte degli analisti politici più accreditati considera il gas naturale un’arma strategica molto rilevante nelle mani della diplomazia russa. Gli Stati Uniti non vedono sempre di buon occhio questa situazione, ma le ragioni per cui si verifica sono sostanzialmente due: a) il prezzo che la Russia riesce a proporre ai paesi europei non ha oggi alcuna alternativa possibile e competitiva e b) non ci sono tante infrastrutture fisiche in grado di allentare la dipendenza europea dal gas russo.

Per diverse ragioni – tra cui il controllo oligopolistico della Russia – il prezzo europeo è superiore a quello americano, ma la differenza non è sufficiente per permettere agli Stati Uniti di sbarcare in modo significativo nel Vecchio Continente esercitando una possibile competizione con il gas di Mosca.

La seconda questione – ed è per questo che il Southern Gas Corridor è importante – riguarda proprio la disponibilità di infrastrutture (gasdotti) per portare in Europa gas non russo. E l’amministrazione americana, che attraverso il gas naturale gioca una partita fondamentale, ha già fatto sapere a più riprese che il progetto resta cruciale per alleggerire la morsa russa e che non vedrebbe assolutamente di buon occhio ogni tentativo italiano di lasciar perdere il progetto, ammesso sempre che qualcuno voglia seriamente prendere in considerazione una simile ipotesi.

La prima parte del corridoio è operativa ed entro il 2018 si completerà il tratto turco di oltre 1.800 chilometri da est verso ovest.

Il Tap – il cui esordio è ancora da definire ma che probabilmente sarà intorno al 2020 – ha una capacità di trasporto di 10 miliardi, espandibili a 20.

Se dovessimo prendere come unico riferimento i consumi nazionali (circa 75 miliardi, dati provvisori) si comprende che l’immissione delle nuove e addizionali quantità potrebbe squilibrare il mercato interno. Ma la rete dei gasdotti è sufficientemente articolata da permettere un nuovo assetto e – si spera – una riduzione a medio termine del prezzo del gas.

Sono state fatte anche stime – soggette a importanti variazioni – del costo del ritiro dell’impegno nazionale rispetto al gasdotto: tra i 40 e i 70 miliardi di euro, secondo quelle della Socar (ente energetico azero) e della Bp, entrambe partner della cordata che sta realizzando il Sgc.

Il governo deve quindi fronteggiare un compito assai complesso: ascoltare le popolazioni locali molto preoccupate per la realizzazione del Tap, evitando violenze e in generale l’effetto tifoseria da stadio che accompagna la realizzazione di qualunque opera pubblica.

Il costante monitoraggio e la comunicazione trasparente dovrebbero essere pienamente assicurati. È altrettanto ovvio che se il governatore Emiliano – seppure scusandosi in un secondo momento –afferma che “il cantiere del Tap sembra Auschwitz”, la speranza di un ragionamento basato sui fatti e sul buon senso pare ridotta al lumicino.

 

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