Non è la prima volta che un Presidente della Repubblica dice no. C’è l’articolo 92 della Carta, secondo cui il capo dello Stato, nella scelta dei ministri, non è un mero esecutore delle volontà dei partiti: «Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri».
Quando Di Maio evoca la Terza Repubblica forse dimentica che la Costituzione è ancora quella, per fortuna nessuno l’ha cambiata. E come una bussola va seguita. 1979. Pertini disse no a Cossiga su Darida alla Difesa.
Nel 1993 Oscar Luigi Scalfaro a “Prodi fatto” scelse Ciampi. L’anno seguente sempre Scalfaro stoppò Cesare Previti, avvocato di Silvio Berlusconi. Il Cav. ottenuto l’incarico di formare un governo, tentò di farlo nominare Ministro di Grazia e Giustizia, ma non ci riuscì.
Nel tempo Ciampi disse no a Maroni come ministro della Giustizia. In anni più recenti, Giorgio Napolitano, nel 2014, sconsigliò a Matteo Renzi di mettere in lista il procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri, perché la sua nomina avrebbe contraddetto la regola non scritta secondo cui un magistrato in servizio non può assumere l’incarico di ministro della Giustizia.
In questo tempo lungo, nessuno in Italia ha usato la parola golpe. Rifletta chi la cita a sproposito.
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