Renzi chiude gli spazi per una mediazione: il futuro del Pd sono io
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Renzi chiude gli spazi per una mediazione: il futuro del Pd sono io

All'assemblea del Pd clima da stadio: il segretario rivendica i suoi meriti e attacca la minoranza

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19 Febbraio 2017 - 10.27


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Discorso di Renzi. “Fermiamoci e ripartiamo, la scissione non ha senso”. E’ il messaggio di Matteo Renzi all’assemblea del Pd che va, però, anche all’attacco: “Scissione è una brutta parola, ma peggiore c’è solo ricatto. Non è accettabile che si blocchi un partito sulla base di un diktat di una minoranza”. Nel suo discorso il segretario del Pd ha sottolineato che il partito sta facendo “un regalo” a Beppe Grillo discutendo “solo di se stesso”. Ha ribadito la volontà di andare a congresso, ma anche il sostegno al governo Gentiloni.

“Io dico fermiamoci, fuori ci prendono per matti. Oggi discutiamo ma poi mettiamoci in cammino”, ha esordito Renzi. “La scissione – ha aggiunto – ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Adesso basta: si discuta oggi ma ci si rimetta in cammino. Non possiamo continuare a stare fermi a discutere al nostro interno”. “Scissione – ha sottolineato – è una delle parole peggiori, peggio c’è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza”. E ancora: “Io non accetto che qualcuno pensi di avere il copyright della parola sinistra. Anche se non canto bandiera rossa penso che il Pd abbia un futuro che non è quello che altri immaginano”. “Parliamo – è l’invito del segretario – di Italia. Ehi Beppe che bel regalo ti stiamo facendo parlando solo di noi mentre nel M5s ci sono le polizze vita, i capi di gabinetto, mentre esercitate un garantismo ai giorni alterni: quando indagano i vostri garantisti, quando indagano gli altri urlate consegnatevi, confessate. Che pessima immagine sta arrivando fuori di qui” della discussione interna al Pd.

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“Non possiamo stare fermi a dire congresso sì, congresso no. Resti agli atti – ha sottolineato – quel che è accaduto in questi due mesi e mezzo. Ho cercato tutti i giorni di raccogliere le proposte degli altri per restare insieme. All’ultima assemblea due amici storici mi hanno preso a male parole per dirmi ‘fai un errore’. A quel punto una parte della maggioranza e minoranza ha detto fermiamoci e mi sono fatto carico di non fare il congresso perché pensavo potessimo fare una campagna di ascolto insieme”. “Se non si fa il congresso diventiamo come gli altri, trovare un equilibrio non è difficile ma per fare cosa se il Pd ha già vissuto passaggi analoghi nel 98 con Prodi, nel 2009 quando si è dimesso Veltroni”. 

Dimissioni Renzi. In apertura Matteo Orfini ha comunicato che sono arrivate alla presidenza le dimissioni formali di Renzi.

E’ arrivato anche il premier Paolo Gentiloni. Oggi è l’ultima domenica per il Pd? “Non esageriamo. Ce ne saranno anche altre…”. Così risponde Enrico Rossi, presidente della Toscana e candidato alla segreteria Pd, al suo ingresso all’hotel Parco dei principi di Roma per l’assemblea del Partito democratico. 

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Cuperlo, non è mai troppo tardi – “Non mi pare ci siano stati grandi sussulti di ripensamento. Ma non dispero. Oggi faccio mia la frase del maestro Alberto Manzi: ‘Non è mai troppo tardi’”. Lo dice Gianni Cuperlo al suo ingresso all’assemblea del Partito democratico, rispondendo a una domanda sulla scissione.

“Restiamo uniti”. E’ lo striscione portato dai Giovani democratici del II Municipio di Roma davanti all’hotel Parco dei Principi dove sta per iniziare l’assemblea nazionale del Partito democratico. E’ un appello a evitare la scissione.

Lo scenario. Data per scontata l’uscita di Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani, Lorenzo Guerini, Dario Franceschini e Andrea Orlando provano, a quanto si apprende, a convincere l’area che fa capo a Michele Emiliano e ad Enrico Rossi. Ma tra i fedelissimi, cresce l’insofferenza contro i “ricatti” della minoranza e la linea trattativista che, come dice il consigliere economico di Renzi Luigi Marattin, “fa tanto saggio ma non considera la realtà”, cioè che l’unico obiettivo della minoranza, secondo i renziani, è solo ottenere la testa di Renzi e quindi nessuna mediazione basterebbe.

Renzi ieri da Firenze ha sentito tutti ma, a quanto si apprende, oggi tirerà dritto, mettendo in fila la strumentalità delle ragioni della minoranza e convinto di avere dalla sua i numeri dell’Assemblea, dove il 65 per cento dei componenti è della maggioranza dem.

Certo ribadirà, come già detto in direzione ma per togliere ogni “alibi” alla minoranza, che il governo deve lavorare, non ha scadenza pur sottolineando l’incongruenza della sinistra interna che, quando Gentiloni si insediò dopo le dimissioni di Renzi, annunciò che avrebbe valutato l’attività del governo provvedimento per provvedimento. Ma d’altra parte, incalzerà l’ex premier, anche sul congresso è stata la sinistra a cambiare più volte idea, chiedendo prima di non farlo, poi di farlo e ora di rinviarlo a settembre.

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A questo punto va anche bene un confronto programmatico nella fase di avvio del congresso, come proposto da Orlando e Martina, ma l’iter congressuale deve concludersi prima delle amministrative per avere in sella un leader pienamente legittimato.

L’ultima offerta, arrivata dall’area di Emiliano, di fare le primarie a luglio pur aprendo subito il congresso sarebbe stata, a quanto si apprende, rinviata al mittente. Se la minoranza accetta la fase programmatica dentro il congresso le primarie potrebbero celebrarsi il 7 maggio altrimenti, se la minoranza dirà no, il congresso può anche chiudersi il 9 aprile.

“A questo punto vediamo che cosa fa Emiliano, se davvero vuole unirsi con quelli che cantano Bandiera Rossa”, ironizzano i renziani duri e puri sottolineando la distanza siderale tra le due anime del partito e convinti che “la scissione non è il peggiore dei mali” ma un nuovo inizio per tornare al renzismo della prima ora.

Sinistra e scissioni, una storia lunga un secolo

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