25 aprile: il Natale delle persone Libere
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25 aprile: il Natale delle persone Libere

Questo 25 aprile si scenderà di nuovo in piazza, sempre di meno e con maggior divisioni. Una festa sempre meno rispettata e da troppi solo tollerata. [Marco Fiorletta]

25 aprile: il Natale delle persone Libere
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Marco Fiorletta Modifica articolo

24 Aprile 2016 - 17.46


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In una vecchia pubblicità di un panettone Renato Pozzetto diceva più o meno: “Quando il Natale arriva arriva”, ho sempre pensato che fosse quasi una rassegnazione al santificare le feste, quasi un obbligo dovuto alla tradizione piuttosto che alla condivisione del significato del Natale. Sarà che forse sono ateo. Tra pochi giorni è il 25 aprile, la Liberazione, liberazione dal giogo nazista e fascista. Ecco per me la Liberazione non arriva come fosse un giorno normale, la Liberazione è, insieme con il Primo Maggio, l’unica festa con contenuto che vale la pena festeggiare. Senza mancare di rispetto a nessuno, le altre per me sono occasioni mangerecce ma ho il massimo rispetto per chi crede in qualsivoglia Dio, basta che non obblighi anche me. Il rispetto che io porto per le altrui feste non lo vedo per il 25 aprile quasi che quella Liberazione raggiunta tanti anni fa riguardasse solo pochi reduci d’età e di idee. Eppure non dovrebbe essere così.

La guerra partigiana fu una guerra di pochi contro molti. Contro moltissimi se aggiungiamo ai nazisti e fascisti gli ignavi, i collusi, gli imboscati che erano passati dall’osannare il Duce al nascondersi per poi uscire come i topi quando la nave affonda. Pronti comunque a saltare sulla prossima nave in partenza. Ora dire che gli italiani non furono fascisti è una menzogna tanto quanto dire che i nostri compatrioti siano sinceramente antifascisti. Le oceaniche adunate non erano fatte solo da gente che veniva costretta a scendere in piazza per osannare il Dux, erano fatte anche da persone che credevano in un futuro glorioso, di conquista, di dominio, degli italiani sul mondo con il loro alleato tedesco, l’imbianchino con i baffetti Adolf Hitler. Gli italiani sono fondamentalmente fascisti, non si può fare a meno di constatarlo. Lo si può verificare scendendo in piazza lunedì 25 aprile e contandosi; lo si può fare chiedendo qualche data o qualche nome, non ci vuole una laurea in sociologia per fare l’esperimento, basta andare al bar, chiedere a qualcuno se sa cosa accadde l’otto settembre 1943 o se conosca qualcuno dei padri della Repubblica. Lo dimostra il panorama politico dei nostri giorni che ci presenta un Parlamento dove teoricamente non c’è alcun richiamo al fascismo ma non è mai stato così pieno di fascisti e parafascisti, il tutto mischiato nei banchi che vanno da destra fino a lambire quella che non ha nemmeno più una parvenza di sinistra. Lo evidenziano sempre più le organizzazioni, le parate e le spedizioni punitive contro immigrati, gay e comunisti che i fascisti del secondo millennio mettono in atto sul territorio nazionale.

Troppo facile parlare dell’ennesima sceneggiata dei grillini che votano contro la decisione di elevare a monumento nazionale la [url”Casa di Gramsci”]http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=87938&typeb=0[/url], non ne vale la pena perché non è la prima volta che il movimento prende posizioni destrorse, a dir poco, trincerandosi dietro un banale e pretestuoso “volevamo di più” e altre fantasiose giustificazioni o ci si è già dimenticati della legge sulle unioni civili? D’altronde cosa attendersi da chi di volta in volta si è schierato contro i partiti, di cui poi hanno preso logiche e comportamenti; sindacati per poi eleggersi a difensori dell’articolo 18; immigrati cui in seguito si è data la solidarietà, a giorni alterni, per il governo che fa troppo poco; e altro altro ancora. Della e sulla Lega non ci sono altre parole oltre quelle spese finora. Forse i veri eredi del fascismo in simil doppiopetto.

E lo stesso vale per il Presidente della Repubblica che in occasione dell’inizio delle celebrazioni del 25 aprile fa un arbitrario accostamento della Liberazione con i due marò colpevoli, fino a prova contraria, di aver ucciso due pescatori indiani scambiandoli per pirati, che l’India non sia riuscita a formulare un capo d’accusa e a istruire un processo e tutt’altro discorso. La Liberazione non ha bisogno di essere dedicata a nessuno, la Liberazione è la festa di tutti quelli che credono nei principi enunciati dalla Costituzione, redatta da forze politiche diverse con idee diverse ma che ha funzionato bene finché a qualcuno, anzi a molti, non è venuta la smania di cambiarla a tutti i costi snaturandone anche i principi fondanti. La Liberazione è la festa di chi crede nella libertà e nella democrazia, di chi crede nel rispetto degli altri indipendentemente dal colore della pelle, del credo e del portafoglio per non parlare dell’amore.

Di conseguenza non è una festa condivisibile, non ho nulla da condividere con chi non ha a cuore certi principi basilari per una pacifica e proficua convivenza, non ho nulla da condividere con chi mette sullo stesso piano la Resistenza e i repubblichini di Salò. E, sia chiaro, la Liberazione come la Resistenza non furono patrimonio esclusivo della sinistra e nemmeno la sinistra se ne è appropriata scippandola a qualcuno. Sarebbe da chiedersi, e in precedenti scritti l’ho fatto, perché la Dc abbia lasciato campo libero alla sinistra nelle celebrazioni e nel tenere viva la memoria di uno dei pochi momenti gloriosi della nostra Nazione.

Il prossimo 25 aprile si scenderà di nuovo in piazza, sempre di meno e con maggior divisioni. Mancheranno i reduci della Brigata Ebraica e sarà una grave mancanza perché negli scontri verbali, e anche fisici, tra una parte della sinistra estrema, diciamo così per comodità, si confonde la politica dello Stato di Israele con l’ebraismo e si sfiora, qualche volta si sconfina, l’antisemitismo. Diciamolo chiaramente e a chi non sta bene sentirselo dire un ciao, è stato bello ma anche le cose belle finiscono. Eppure sarebbe facile ripristinare l’unitarietà della ricorrenza. Niente simboli che non siano attinenti con la Resistenza, solo labari dell’Anpi e dei comuni, punto. Ridaremmo così un valore diverso e pieno alla memoria di coloro che si sacrificarono per la libertà dell’Italia, la libertà di avere un parlamento pieno di fascisti e parafascisti.

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