Viva gli stranieri che votano alle primarie. Simbolo di integrazione, simbolo della società che cambia.
E chi non potrebbe essere d’accordo con queste belle e alate parole?
Infatti il problema delle primarie non sono gli stranieri – per carità – quanto le “truppe cammellate”, spesso composte da stranieri ma non solo.
Quelle “truppe cammellate” di cui Globalist ([url”clicca qui”]http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=84722&typeb=0&primarie-di-milano-con-truppe-cammellate-cinesi-per-beppe-sala[/url]) ha parlato per primo a Milano e che ora si cerca di nascondere, come una polemichetta strumentale.
La storia delle primarie del Pd, da quelle annullate di Napoli, a quelle siciliane, a quelle per il sindaco di Roma vinte da Marino, a quelle della Liguria delle quali non c’è molto da essere orgogliosi, a tanti episodi minori, dimostra che qualcosa non torna.
Perché in assenza di regole chiare, precise e – soprattutto – rigorose, a votare ci può andare la qualunque. E con “la qualunque” arrivano le famose truppe cammellate. Stranieri, certo. Ma anche pezzi di altri partiti, portatori di interessi non sempre lineari, capi-bastone.
Ed è inutile nascondersi dietro la formuletta politica dell’allargare, allargare, allargare. Perché poi la verità, a volte, è assai meno commendevole: chi si impegna quotidianamente nella politica, nei quartieri, nel sociale diventa assai più marginale nelle scelte dei “cammelli” inconsapevoli, reclutati da qualche caporale del voto, che con il bigliettino in mano vanno a votare per qualcuno che non conoscono.
Fare regole serie no?
Comunque ho capito una cosa: mai come in questo periodo democrazia fa rima con demagogia.
Ma io, testardo, continuo a pensare che le due parole non significhino la stessa cosa.