Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ci ha lasciato perplessi con una sua nuova dichiarazione, dopo aver sentenziato che [url”laurearsi a 28 anni non serve a nulla”]http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=81831&typeb=0&poletti-il-diplomato-sentenzia-laurearsi-a-28-anni-non-serve-a-nulla-[/url]. Ieri ha detto: “Se cambia il modo di lavorare può cambiare anche il modo di definire la retribuzione: mi sembra una cosa ovvia, non credo di aver detto cose da extraterrestre”. “Io – ha aggiunto – ho parlato della necessità di pensare a un contratto che non abbia il riferimento orario come unico parametro” e “fare questa considerazione non può esser tradotto nella volontà di abolire ogni riferimento all’orario o di rottamare il contratto nazionale”.
Ha poi detto: “Se non si vuol discutere ok, ma non mi si possono attribuire valutazioni che non mi appartengono”. Secondo il ministro, “dobbiamo ragionare di un lavoro organizzato più per obiettivi che per orario. Questo consente una maggiore flessibilità e più coerenza tra tempi di vita e di lavoro, non meno diritti, ma più responsabilità condivisa”.
Quindi ha assicurato che “non esiste nessuna relazione automatica tra queste riflessioni e la discussione sulla riforma degli assetti contrattuali. Ribadisco che su questo il Governo ritiene importante che le parti sviluppino il loro confronto e che possano arrivare a un accordo”, ma se questo accordo non arriverà “in tempi ragionevoli”, si “valuterà cosa fare”. Su questo punto Poletti ha ribadito che va promossa “la contrattazione vicina all’azienda” senza “prescindere da un ruolo importante del contrattato nazionale”.
Damiano, orario? Non si pensi a demolire contratto. “Ritengo sbagliata l’idea del superamento dell’orario di lavoro come metro di misura. Ma qui forse c’è dell’altro”, “non vorrei che queste uscite del ministro sottintendano in realta’ uno smantellamento del contratto nazionale di lavoro, sostituito da un modello basato esclusivamente sul contratto aziendale deregolato e sul salario legale. Se cosi’ fosse, sarebbe un grave arretramento”. Lo ha detto il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, commentando le parole del ministro Poletti. Damiano afferma di avere questo sentore, a partire dalle “interpretazioni presenti anche nel Pd, a partire da Ichino”, per andare “diritti filati verso una destrutturazione del contratto nazionale, dunque verso accordi aziendali su misura e addirittura verso una logica di contratto individuale. A quel punto verrebbe meno la funzione di sindacati e Confindustria. E si porrebbe un problema di identità del Pd come partito di sinistra”. “Dispostissimi a un confronto – aggiunge -. Ma non ad assecondare semplificazioni eccessive. Specie se il rischio è quello di remunerare solo il risultato”.