Gatti, ascesa e caduta del potere a San Marino

L'Andreotti del Titano in manette: un'inchiesta sulla tangentopoli sammarinese che vede indagati tutti i big degli ultimi 35 anni della politica locale.

Gatti, ascesa e caduta del potere a San Marino
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20 Ottobre 2015 - 18.42


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di Claudio Visani

Lo sono andati a prendere all’alba di sabato 17 ottobre, nella sua bella casa, lassù sul Monte. E al termine di una lunga perquisizione domiciliare l’hanno portato via su una Panda gialla, fino all’unico carcere del Titano, in un’ala del convento dei Cappuccini che uno dei “suoi” governi aveva a suo tempo affittato. Le accuse nei suoi confronti sono pesantissime: vanno dal riciclaggio all’associazione a delinquere passando per la corruzione e il voto di scambio.

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E ora, dopo che anche “l’intoccabile” è stato arrestato, la Repubblica più antica e più piccola del mondo è attraversata da un triplice sentimento: la paura dei “complici”, cioè di quella parte consistente del ceto politico-affaristico-finanziario sammarinese che trema per ciò che il “capo” caduto in disgrazia potrà svelare; la speranza della parte sana del ceto politico e imprenditoriale che sia finalmente arrivato il momento della catarsi purificatrice; il grande sospiro di sollievo per liberazione dal malaffare che accomuna le persone semplici e i cittadini perbene a San Marino.

Lui, Gabriele Gatti, soprannominato non a caso l’Andreotti del Titano, per 35 anni è stato il capo indiscusso della Dc e il deus ex machina della politica sammarinese. All’inizio degli anni Ottanta diventa segretario del partito, prende il potere e non lo molla più. Da sempre al governo, una volta col compromesso storico, una volta riesumando l’alleanza con i socialisti, un’altra ancora col Pci, fino all’ultima “grande alleanza” con il Pd e i centristi moderati. Temuto da amici e avversari, per 16 anni consecutivi, dal 1986 al 2002, occupa la poltrona più prestigiosa della Repubblica: quella di ministro degli affari esteri, che a San Marino si chiama Segretario di Stato agli esteri. In quella veste, nel 1987 firma con il premier Andreotti (quello vero) e il potente direttore della Rai, Biagio Agnes (e con la benedizione del presidente della Repubblica, Cossiga), l’accordo che restituisce a San Marino la radio e la tivù di Stato che le erano state sottratte con un ricatto politico 34 anni prima, quando il Titano era diventato – incredibilmente – l’avamposto del socialcomunismo in Occidente perché le sinistre continuavano a vincere tutte le elezioni, anche dopo il 18 aprile 1948 quando in Italia la Dc sconfisse il fronte popolare e prese il potere. Tanto che per far cadere il governo dei “rossi” sul Monte, nell’ottobre del 1957, servì addirittura un colpo di Stato organizzato dall’Amministrazione Usa e dal governo italiano di Adone Zoli, Scelba e Tambroni per il tramite della Dc di Fanfani e dei Servizi segreti.

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Negli anni successivi Gatti tiene a battesimo l’ingresso della piccola Repubblica nel Consiglio d’Europa, alle Nazioni Unite e nel Fondo Monetario Internazionale. E quando non è più ministro, continua comunque a tirare i fili della politica, e soprattutto degli affari sul Monte Titano. Anche quando la sua presenza è diventata ingombrante perché San Marino, negli anni della sua leadership è diventata un “paradiso fiscale” che attira speculatori, evasori, malfattori di ogni fatta e perfino la criminalità organizzata che lì cerca e trova la facile strada per riciclare il denaro sporco. Una situazione che, una volta finita la Prima Repubblica e il dominio Dc nel Belpaese, rende via via più difficili i rapporti con l’Italia, che con le doppie imposizioni fiscali garantisce da sempre la vita del piccolo Stato e la ricchezza sul Titano, dove un lavoratore guadagna mediamente il 30-40% in più di un italiano.

Probabilmente Gabriele Gatti l’arresto l’aveva messo nel conto, dopo che, nei mesi scorsi, nell’ambito di una maxi inchiesta sulla “tangentopoli” sammarinese, in cella erano già finiti altri big della politica locale come l’ex capo storico dei socialisti, Fiorenzo Stolfi e l’ex potente ministro democristiano delle finanze, Claudio Podeschi, con un’altra ventina di persone, tra cui otto segretari di Stato, indagati per gli stessi gravi reati contestati ora a Gatti. Soprattutto dopo che, nel 2012, nella relazione conclusiva della Commissione antimafia istituita a San Marino, era stato indicato, assieme a Stolfi, come uno dei principali responsabili politici delle infiltrazioni della criminalità organizzata sul Monte, accusato di avere avuto “rapporti confidenziali” con l’inviato della camorra Francesco Vallefuoco, che si occupava di gestire il riciclaggio del denaro sporco.

Tra i presunti illeciti di Gatti nel mirino dei magistrati c’è anche la vendita delle licenze bancarie, che venne inaugurata proprio dall’Andreotti di San Marino all’inizio degli anni Novanta. Per ripianare i debiti della Tv di Stato, concesse a un gruppo di affaristi l’autorizzazione – difficile che sia stata gratis – ad aprire una nuova banca. All’epoca c’erano a San Marino 4 istituti di credito, più che sufficienti per un Paese di 30mila abitanti. Nel giro di pochi anni sarebbero diventate 12, più 35 società finanziarie, facendo diventare San Marino non solo un “paradiso fiscale” ma una delle principali patrie di scandali finanziari, riciclaggio internazionale, criminalità organizzata e servizi deviati.
Sergio Zavoli, che in quegli anni aveva accettato di presiedere la Radio Tv di Stato, se ne andò sbattendo la porta e mandando Gatti a quel paese. Io su quelle vicende ho scritto alcuni capitoli del mio libro su San Marino “Gli intrighi di una Repubblica” (Pendragon, 2012).

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Gatti avrebbe inoltre tentato di montare una campagna di discredito verso i magistrati e l’indagine, partecipando a una riunione segreta con Giuseppe Roberti, banchiere e politico coinvolto nella “tangentopoli”. L’arresto di Gatti, peraltro, avviene in concomitanza con l’apertura di due clamorosi processi su criminalità organizzata e politica del malaffare. Nei giorni scorsi si è aperto quello sulle infiltrazioni della camorra tra la Romagna e San Marino, figlio dell’inchiesta “Vulcano 2” condotta dalla Direzione antimafia di Bologna che vede una cinquantina di persone rinviate a giudizio. Lunedì 19 è poi cominciato al Kursaal, il palazzo più prestigioso del Titano che ospita proprio la Tv di Stato, il primo maxi-processo della storia della Repubblica sulla “tangentopoli” sammarinese, contro ex ministri, ex capi di Stato e parlamentari, banchieri e imprenditori: nove fascicoli per oltre 70mila pagine di documenti, verbali interrogatori, e sequestri per oltre 170 milioni di euro, il presunto ammontare del malloppo del malaffare. Lo Stato di San Marino, il partito democratico cristiano sammarinese e la Banca centrale del Titano hanno chiesto di costituirsi parte civile contro Gatti & co. Forse sul Titano è davvero finita un’epoca.

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