I dolori del giovane Renzi
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I dolori del giovane Renzi

Esulta il segretario-premier, imbustato in una mimetica ben stirata, rilassato davanti alla playstation come un qualsiasi ragazzotto di Rignano sull’Arno. [Flavio Fusi]

I dolori del giovane Renzi
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2 Giugno 2015 - 18.58


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di Flavio Fusi Prologo.

Stavo nella mia Toscana una settimana prima del voto. Pd “desaparecido”: qualche pranzo elettorale in agriturismo, qualche stracco dibattito con venti coraggiosi partecipanti, un gazebo vuoto in piazza. Mi dice un vecchio compagno: “sai, il Pd non fa campagna elettorale, lavorano i comitati elettorali dei candidati…”
E si è visto: nella cittadella di tutte le sinistre dal dopoguerra ad oggi, il 50 per cento non vota e va al mare, la Lega (che ci fa la Lega in Toscana?) raggiunge il 16 per cento. Eppure: brindano i comitati elettorali che hanno passato le forche caudine, piangono gli aspiranti bastonati. Piccole ambizioni, piccole delusioni.

Atto primo.

“E’ andata bene”, esulta il segretario-premier, imbustato in una mimetica ben stirata, rilassato davanti alla playstation come un qualsiasi ragazzotto di Rignano sull’Arno. Questa è la strategia del “tutto va bene madama la marchesa”: avanti tutta, con i numeri precipitati ai livelli rassegnati del letargo bersaniano. Avanti tutta, con la nuova “classe dirigente” – belle ragazze, non c’è che dire – asfaltata da giganti del pensiero del calibro di Giovanni Toti e dell’ impomatato Luca Zaia. Avanti tutta, con i ras del Sud che tengono in piedi la baracca a colpi di “chiacchiere e distintivo”.
E’ andata bene, con il silenzio di ministri e sottosegretari altrimenti chiacchieroni, analfabeti politici, miracolati del centro e della periferia, in trepida attesa di un nuovo slogan del giovane leader.
E’ andata bene, con la sinistra-sinistra (gli orfani del subcomandante Marcos, di Zapatero, di Tsipras, di Podemos) che vogliono riprendersi la “ditta” e chiedono lo scalpo dell’intruso mussolinian-berlusconiano. “Il nostro avversario è il renzismo”, suona la carica l’ antico Niki Vendola. (Si parva licet, anche alla vigilia del nazismo, per i partiti comunisti europei, il nemico era l’ odiata socialdemocrazia.)

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Atto secondo.

Che ne è stato del mitico Partito della Nazione? Il nuovo Pd ha perso la sinistra, e non ha guadagnato la destra. La destra – in Italia come nel mondo – non è uno stato d’animo, ma una corposa categoria economica, sociale e politica. Passato Berlusconi, si prende Salvini, mica l’oracolo di Rignano.
Gli elettori della Lega pensano di spianare con i buldozer i campi Rom e di affondare a cannonate i barconi dei migranti. Gli elettori di Grillo pensano di conquistare il 50 per cento, far piazza pulita dei partiti e governare in rete un’ Italia riscattata dalle brutture della politica. Gli elettori del Pd, in compenso, non sanno cosa pensare, e si vede. Gli altri? Oh, gli altri – e sono il 50 per cento – se ne vanno al mare.

Epilogo.

Matteo Renzi è il peggior nemico di se stesso. Rischia di essere (dopo Prodi, D’Alema, Bersani ) l’ ultimo leader di una sinistra ignava che perde il biglietto vincente della lotteria. Ci vorrebbe una politica, e non una filastrocca. Ma se la strategia resta “tutto va bene, madama la marchesa”, e se l’avversario risponde “tutto va male, madama la marchesa”, allora sono guai. Il giovane leader dovrebbe ricordare la lezione del vecchio Far West: “se un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, l’ uomo con la pistola è un uomo morto…..”

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