Piersanti Mattarella Presidente della Repubblica. Tutto inizia un mattino con un cielo grigio che sembra annunciare quel che accadrà lungo il Viale della Libertà, a Palermo. Sei gennaio 1980, è domenica. I familiari soccorrono Piersanti Mattarella colpito a morte. Lo sorregge il fratello Sergio. Lo tira fuori dall’auto. La foto fissa in bianco e nero la morte scomposta. La mafia quando mira ai bersagli che ritiene pericolosi lo fa con violenza. Lo farà con estrema violenza più in là negli anni con le stragi che spezzeranno il lavoro di Falcone e Borsellino, troppi vicini ai grandi registi dell’attacco allo Stato. Sei gennaio 1980, dunque. Piersanti morto, sorretto dal fratello Sergio, sconvolte la moglie di Piersanti, Irma e la figlia Maria. La foto è di Letizia Battaglia, straordinaria storica della guerra della mafia allo Stato. E’ domenica, è festa, è stato facile per gli assassini arrivare e allontanarsi. E’ stato facile per una fotografa come Letizia Battaglia esserci pochi attimi dopo l’agguato. Via Libertà è larga e dritta, la strada è uno specchio per la pioggia e riflette un passaggio decisivo della lotta tra mafia e democrazia. Sergio Mattarella non lo sa, ma quel lutto lo porterà all’impegno politico, e dopo tanti anni al Quirinale. Prima di quel 6 gennaio, nella sua casa di via Libertà, l’impegno civile è lo studio e la divulgazione della legge. Gennaio 1980, un anno esatto da quel giorno di febbraio 1979 che fa incontrare Piersanti Mattarella e Pio La Torre in uno dei tanti convegni. Il tema è l’agricoltura, ricca mammella della mafia. La Torre attacca la gestione del settore, Mattarella condivide le parole di La Torre, rompe l’idea che un Dc debba fare da sponda al malaffare timbrato mafia. Anche per la Torre ci saranno foto di cronisti a documentarne il corpo scomposto dalla morte violenta. Per l’uno e per l’altro, a deciderne la morte, Cosa Nostra e quegli angoli bui delle istituzioni che bevevano alla stessa cannuccia della mafia.
Sergio Mattarella Presidente della Repubblica: è cominciato così. E questa elezione, accanto alla presenza di Pietro Grasso alla Presidenza del Senato può e deve essere letta come il risultato, certo parziale, ma importante, di una partita ancora aperta. Partita e battaglia, costata la morte di magistrati, poliziotti, carabinieri, imprenditori e lavoratori onesti, uomini e donne. che dimentichiamo, e vittime innocenti, che non erano nel carnet di Cosa Nostra. Prima e seconda carica dello Stato ricoperte da due uomini che hanno intrapreso e percorso un cammino sulla linea difficile da difendere, ma decisiva, della legalità.
Quando Pietro Grasso era Procuratore nazionale antimafia, di Piersanti Mattarella scrisse che in Sicilia “stava provando a realizzare un nuovo progetto politico-amministrativo, un’autentica rivoluzione. La sua politica di radicale moralizzazione della vita pubblica, secondo lo slogan che la Sicilia doveva mostrarsi ‘con le carte in regola’, aveva turbato il sistema degli appalti pubblici con gesti clamorosi, mai attuati nell’isola”. Ora il fratello di quel Mattarella è la prima carica dello Stato. Eletto dopo una candidatura arrivata mentre era intento alla scrittura di una sentenza della Corte.
Ed è Presidenza della Repubblica, un po’ per ripagare quella Sicilia che ha visto troppo sangue, che ha conosciuto tanti lutti, che ha saputo indignarsi, scendere in piazza per la legalità. Che ha saputo resistere. Un riconoscimento alla resistenza degli onesti.
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