Cofferati guardati dagli amici
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Cofferati guardati dagli amici

Oggi lascia un Pd che non riconosce più, ma vorremmo ricordare a Cofferati che gli amici di oggi erano i nemici di ieri e dell’altro ieri.[Fabio Luppino]

Cofferati guardati dagli amici
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19 Gennaio 2015 - 19.11


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di Fabio Luppino

Cofferati una volta che di persona si è imbattuto in un problema serio legato al suo partito ha deciso che il problema era talmente grosso da rompere quel legame: il figlio, il Pd, non è più quello che lui, e altri 44 padri, avevano in mente un po’, ma non molti, anni fa. Cofferati da sempre viaggia in solitaria, anche quando era il liderissimo del sindacato. Fa scelte personali, è libero. Il Pd non è più quello immaginato dall’ex segretario Cgil da moltissimo tempo, almeno da due-tre anni. Cofferati ha continuato a spendere il suo nome per il Pd candidandosi a Strasburgo e alle primarie regionali liguri, anche se gli viene rimproverato di aver usato il partito per l’ascesa europea. Ci sono le preferenze per l’europarlamento, ha ricordato ai malevoli. Quindi?

Quindi – diciamo noi – i malevoli stanno dappertutto. Sui fatti liguri ci saranno altri chiarimenti, anche giudiziari, certo. Ma il partito che Cofferati ha trovato a Genova sta nella media politica ponderata degli ultimi sette anni dem. Renziani o bersaniani non fa differenza, semplicemente quel che era prima si sopravvaluta rispetto al presente perché la memoria trascolora (vogliamo parlare di Roma…). Il Pd è un partito abbastanza mediocre, con una classe dirigente abituata all’intruppamento. Nella media nazionale. A proposito di memoria, vorremmo ricordare a Cofferati che gli amici di oggi erano i nemici di ieri e dell’altro ieri. Quelli che addirittura sono pronti a usare il caso Cofferati sul Quirinale, nel marzo di due anni fa avevano fatto un patto con Berlusconi sul nome di Franco Marini, furono gli artefici-vittime della notte in cui fu fatto fuori il candidato Prodi e anche i protagonisti della rielezione di Napolitano in nome delle larghe intese, tutte cose che Cofferati ha guardato con commiserazione, se non con disprezzo. Gli stessi hanno sostenuto il governo Monti, avallato la riforma Fornero, giocato un ruolo passivo in tutte le vicende chiave dell’industria italiana in dissesto. Alcuni di loro, più o meno dieci anni fa, osteggiavano fieramente l’ascesa di Sergio Cofferati a leader dei Ds e organizzarono il partito per fermarlo. Cofferati incautamente accostato alle masse per via dei tre milioni del Circo Massimo, è un riformista, seppur radicale, gioca in squadra ma poi decide da solo. E quel che lo rende così popolare è la sua autenticità. Si ritira scegliendo l’amore, poi torna per andare a Bologna dove però governa alla sua maniera (se la sinistra avesse capito prima il valore della sicurezza per il rispetto dei diritti dei cittadini, cosa che aveva compreso lui da sindaco di Bologna, si sarebbe risparmiata tanti errori). Il resto è noto.

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Cofferati è un leader di per sé. Landini che ne prefigura un futuro da capo della sinistra lo riconosce, ma non gli fa un favore. Il segretario della Fiom è un valore per tutti, a partire dai lavoratori che rappresenta. Sarà anche per questo, che l’uno e l’altro, non cedono alle lusinghe di quelli che sono di sinistra a giorni alterni dentro il Pd. Cofferati oggi pensa quel che pensava due anni fa. Non ha cambiato idea su cosa si deve fare in economia, né quali siano gli alleati da scegliersi per governare l’Italia o anche la Liguria. Ma il Pd da parecchio sta da un’altra parte. Ecco, avrebbe dovuto lasciare prima.

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