Ignazio Marino, la solitudine del presuntuoso

Il sindaco ha scelto la linea del solo contro tutti, evitando il dialogo a prescindere. E ora anche Renzi gli ha mollato un bel calcio nel sedere.

Ignazio Marino, la solitudine del presuntuoso
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28 Febbraio 2014 - 12.30


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di Francesco Blasilli

Ignazio Marino è proprio un personaggio curioso, un vero marziano come dicono molti: è l’unico che in politica non ha colpe, ma fa di tutto per prendersele. Involontariamente, sia chiaro, ma è quello che fa. La sua reazione isterica (interviste a go-go con toni sempre più alti, chissà se l’idea è stata sua o del suo portavoce) al ritiro del Salva Roma non ha fatto altro che regalare alla città la sensazione di un sindaco ormai fuori controllo.

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E così il tentativo di professare alla città la sua innocenza (ricordando a tutti che i buffi non li ha fatti lui) finisce per inimicarsi anche i pochi che non si era già fatto nemico. Perché il vero problema di Marino è la sua presunzione, una presunzione che l’ha portato prima a snobbare tutto il consiglio comunale, poi a prendersela con il Parlamento intero. Una presunzione ribadita dalle sue parole (“io so cosa devo fare”), arrivate dopo che in questi mesi non aveva fatto altro che esplicitare quotidianamente la sua presunta superiorità su tutto e tutti. Coadiuvato in questo da una squadra di governo in alcuni suoi elementi molto snob nei confronti della città. Ma se alla presunzione non produce fatti concreti, diventa un problema.

Come conseguenza di questi atteggiamenti, Marino ora si trova rinchiuso nella sua torre d’avorio fatta di presunzione. E non c’è nulla di più sbagliato per uno che già partiva isolato. Isolato a Roma da un partito che non lo voleva e che di fronte alla rigidità del chirurgo genovese ha reagito con la cattiveria che solo i romani arrabbiati sanno avere.

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E isolato nel partito nazionale perché forse molti dimenticano che Marino come presidente della Repubblica aveva scelto Rodotà, preferenza eretica all’interno del Pd. Salvo poi riscoprirsi renziano, visto che non sapeva più a chi appoggiarsi. Il risultato? Alla prima occasione, Renzi dal basso della sua giovane età, l’ha trattato come uno scolaretto indisciplinato: “Il Salva Roma si farà, ma i toni di Marino non mi sono piaciuti”. Con la differenza che a scuola al massimo ti davano una bacchettata sulle mani, mentre questo è – a tutti gli effetti – un bel calcio nel sedere.

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