Renzusconi, il Pd verso una nuova sconfitta
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Renzusconi, il Pd verso una nuova sconfitta

La scelta del rottamatore di stringere un patto di ferro col Caimano condannato si sta rivelando deleteria. Il centrosinistra ne pagherà le conseguenze. [Claudio Visani]

Claudio Visani
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3 Febbraio 2014 - 13.03


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di Claudio Visani

Sbaglierò ma così, a naso, la strategia di Matteo Renzi di accordarsi con Berlusconi, scavalcando la strana maggioranza che sostiene Letta e di presentare l’Italicum, con la formula “prendere o lasciare”, sta portando dritto dritto il centrosinistra verso una nuova clamorosa sconfitta.

La scelta del nuovo fenomeno della politica italiana di stringere un patto di ferro con un un leader condannato e decaduto che, con quel che ha combinato, in nessun altro paese occidentale potrebbe ancora essere tale, si sta rivelando deleteria. Il Caimano sta tornando a nuova vita, appare rinvigorito nello spirito, lavora a una immagine più rassicurante di sé, è di nuovo al centro della scena, pronto a stringere in un abbraccio mortale le sue prede: Alfano e Casini dopo Fini e i precedenti leader della sinistra. E la nuova legge elettorale è un assist straordinario al suo progetto di rinascita.

Lo sbarramento al 4,5% per i piccoli partiti coalizzati sembra fatto apposta per riportare all’ovile le pecorelle smarrite del Nuovo centrodestra e dei Popolari di centro (che unendosi avrebbero anche la certezza di una significativa rappresentanza parlamentare), oltre che per allontanare dal Pd Vendola e le sempre inquiete e sempre divise minoranze della sinistra italiana. L’annunciata norma “salva Lega”, in questo contesto, è la ciliegina sulla torta del Cavaliere. Al Rottamatore resterebbero come potenziali alleati Nencini, Tabacci e Monti, sempre che Scelta civica esista ancora politicamente.

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La soglia dell’8% per i partiti che andranno da soli, così come quella del 12% per le coalizioni, di converso, scoraggeranno qualsiasi ipotesi di nuovo soggetto politico autonomo a sinistra, così come quelle di aggregazione di centro, riaprendo il “mercato delle vacche” per dare ai piccoli che si coalizzano qualche strapuntino nei listini bloccati.

Le liste corte e la rinuncia ai collegi uninominali (perché sgraditi a Berlusconi), unitamente alla norma che garantisce la maggioranza assoluta alla coalizione che raggiungerà il 37-38% dei voti e alle soglie di sbarramento alte, differenziate per chi si coalizza o corre da solo (gli esperti calcolano che almeno 6-7 milioni di elettori resteranno senza una voce propria alla Camera), rappresentano le mutilazioni al concetto di rappresentanza democratica dell’Italicum.

Resta il Movimento 5 stelle. Ma Grillo, dopo aver buttato alle ortiche il patrimonio politico che s’era ritrovato tra le mani dopo le lezioni del febbraio 2013, non si alleerà con nessuno e, vedrete, si accontenterà di essere lui il Terzo polo e di portare in Parlamento un piccolo esercito di “cittadini guastatori” al non libero servizio suo e del socio Casaleggio.

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Renzi, nella sua sfrenata ambizione, probabilmente pensa di poter vincere da solo, rilanciando la “vocazione maggioritaria” del Pd, conquistando una fetta di voto grillino deluso e recuperando quote di astensionismo. Ma la realtà è che in Italia il centrosinistra è da sempre minoritario e ha alte possibilità di rimanerlo anche con un leader e un Pd ormai più liberal-democratici che di sinistra. Il solo progetto capace di farlo vincere è stato quello dell’Ulivo e della federazione di tutte le forze di quel campo, che è rimasto nel cuore degli elettori ma, guarda caso, è stato abbandonato dai mediocri e litigiosi capetti dei partiti di quel l’alleanza.

Se i giochi che si andranno a comporre saranno quelli appena descritti, Berlusconi, a quel punto, avrebbe buone chances di vittoria, anche se il candidato premier non fosse più lui ma la figlia Marina. Chapeau.

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