Gli ebrei vennero catturati casa per casa, trasportati nei campi di concentramento nei vagoni piombati trattati peggio delle bestie e sterminati dopo sofferenze inenarrabili. I loro beni rubati e perfino i corpi profanati per recuperare l’oro dei denti o qualche anello.
Sei milioni di morti.
Gli ebrei erano innocenti, sterminati in nome della più orrenda delle ideologie e in nome di una inesistente superiorità della razza.
Gli ebrei – quando furono perseguitati- non nominavano parlamentari e consiglieri regionali le loro amanti, ma al massimo avevano i loro familiari uccisi; quelli scampati ai rastrellamenti vivevano alla macchia e non nei villoni in Sardegna o ad Arcore; gli ebrei erano stati cacciati dalle loro case, dai posti di lavoro. Non erano senatori, non godevano dei privilegi della Casta, non possedevano giornali e televisioni per sostenere le loro ragioni, non avevano branchi di lacchè e di olgettine al seguito.
L’enormità di paragonare le fortune di una famiglia di nababbi costruita dal capostipite piduista con gli stallieri mafiosi alla Shoah è peggiore della peggiore delle infamie.
Berlusconi vada ad Auschwitz in ginocchio e chieda perdono. Vada alle Fosse Ardeatine a piedi scalzi e legga uno per uno i nomi dei martiri; vada al Portico d’Ottavia a capo chino. Lo faccia e si vergogni dal profondo del cuore di avere, in tutti questi anni, strizzato l’occhio a quei figuri che ancora pochi giorni fa inneggiavano a Piebke.
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