Renzi, il Gian Burrasca fiorentino
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Renzi, il Gian Burrasca fiorentino

Se Renzi vuole ampliare il voto dell'elettorato del Pd non deve agitarsi a vuoto. Si guardi bene intorno perché il compito non sarà facile.

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28 Ottobre 2013 - 09.49


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di Nuccio Fava

Confesso di non riuscire più a scrivere e a seguire la “sarabanda” del Cavaliere e dei suoi compatrioti, ormai articolati, almeno in due categorie: di amici fedeli o fedeli stretti e quelli più tiepidi o meglio i filo-governativi entrati da tempo in rotta di collisione. Non siamo alla cacciata di Fini in diretta televisiva, ma difficilmente si può immaginare un esito sostanzialmente differente con la sola variante che questa volta lo sconfitto politicamente appare il Cavaliere.

Giornali e settimanali amici si sforzano di accreditare una successione per via familiare, presentandola quasi come doverosa e necessaria. Si tratta della figlia Marina dell’impero Mondadori perché Barbara è full-time onnipresente manager di alto rango del Milan calcio.

Questa sera un aiutino è giunto all’ex Presidente dal senatore Bossi: “Berlusconi non deve fare come me che ho lasciato il campo libero a Maroni e neppure buttare in campo un familiare come sarebbe potuto accadere per mio figlio il trota”.

Come potete constatare la politica vive di grandi respiri ideali e di eccitanti prospettive.

Diversa ovviamente è l’eccitazione dei partecipanti al convegno fiorentino della Leopolda. Un evento partito con tono sommesso che progressivamente ha assunto il rilievo di un congresso di partito, anche a causa del grande rilievo che i media gli hanno dedicato. Renzi inorridisce alla sola idea di poter essere definito in tal modo e rivendica in continuazione il carattere diverso e nuovo di qualunque cosa faccia. E’ molto giovanilistico e anche banale se solo considera che alla sua età per esempio Andreotti era già stato sotto-segretario a cominciare dalla prima volta con il governo De Gasperi.

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Naturalmente Renzi non è Andreotti, anzi inorridisce alla sola idea di un simile paragone ma gli esempi potrebbero essere numerosi: Berlinguer, Occhetto, D’alema, Zanone, Spadolini, La Malfa e lo stesso Bettino Craxi, tutte personalità che hanno avuto comunque un ruolo più o meno rilevante nella politica italiana. Conosciamo tutti la storia felicissima della rottamazione, che ha procurato al Sindaco di Firenze tanto successo e condivisione, senza mai dimenticare che il nodo principale che ostacola il rinnovamento della politica italiana è costituito appunto dal ricambio dei gruppi dirigenti dei partiti.

Nonostante le successive correzioni di rotta, Renzi resterà l’uomo della rottamazione che di per se non costituisce una grande risposta e che può ricordare l’antico adagio “togliti tu che mi ci metto io”. Sarebbe però ingiusto e qualunquistico ridurre a questo le battaglie di Matteo Renzi che possono risultare di ben altro valore, se tuttavia l’impressione che si segua l’onda, come si dice in gergo, per le critiche alle ipotesi avanzate da Napolitano di amnistia e indulto, considerata la drammaticità della nostra condizione carceraria e dei pesanti richiami della Corte Europea di Strasburgo. Renzi inoltre, urla al popolo della Leopolda la sua contrarietà alle correnti e ad ogni rischio che possa portare al sistema proporzionale per superare il “porcellum”. A me pare che il vero rischio sia quello che sulla legge elettorale si continui a traccheggiare e non produrre nulla, mentre bisogna evitare confusione e non accrescere le gravi perplessità e le grandi tentazioni di astensionismo già abbondantemente presenti nel corpo elettorale. Anche Renzi se vuole ampliare in modo meritevole il voto dell’elettorato del Partito Democratico non deve agitarsi troppo e a vuoto, sia pure in modo diverso, perché sono espressione di culture, storie e modelli istituzionali molto differenti. Sia Obama che la Merkel gestiscono una politica ed un sistema di governo molto più efficace e collaudato, eppure la Merkel ha ottenuto un grande successo elettorale, ma dovrà faticare non poco per mettere in piedi la grande coalizione con i social-democratici entro Natale.

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Obama ha vinto in qualche misura la battaglia sul bilancio, anche se tallonato dai Repubblicani e da settori dell’associazionismo e del volontariato. Eppure in Germania si vota dal dopoguerra con un sistema proporzionale dove la Merkel ha vinto di larga misura, mentre Obama ha dovuto in qualche modo “barcamenarsi” per ottenere la vittoria già nel secondo mandato. Non basta a Renzi sostenere di essere contrario alle elezioni proporzionali ed ottenere così l’ovazione della platea, teorizzando che è indispensabile il maggioritario per uscire dalla crisi. Purtroppo non basta Renzi da solo e si tratta di temi che richiedono in ogni caso grandi capacità comunicative e di persuasione. Sicuramente Renzi sarà affascinato da Obama e sarebbe felice di esserne il delegato rappresentativo in Italia ed Europa. Auguri e buon lavoro, mister Renzi, ma si guardi bene intorno perché il compito non sarà in ogni caso facile da raggiungere e ancora di più sarà impegnativo e difficile gestirlo giorno per giorno.

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