“Penso che la memoria non vada cancellata ma penso anche che isterie di vario tipo non aiutino”. Nel riferirsi alla vicenda Priebke, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha deciso di usare queste parole. Una breve ma sconcertante dichiarazione che stigmatizza, come una coltellata, le proteste dei familiari delle vittime del boia nazista e dei cittadini di Albano Laziale che si sono rifiutati di veder riposare le spoglie dell’ex SS nel piccolo cimitero comunale.
Davvero non si capisce come si possa bollare come isteria la spontanea reazione dell’opinione pubblica di fronte al rischio di veder diventare luogo di pellegrinaggio dei nostalgici nazifascisti la tomba di questo criminale.
E ci si chiede se sia un’isterica anche Renata Pace Sonnino, una collaboratrice del Museo ebraico che oggi ha 77 anni e ne aveva solo 7 il 16 ottobre del 1943, quando i nazisti si portarono via oltre mille ebrei romani rastrellando il Ghetto.
“Ho visto la morte di Eichmann, la morte di Priebke e la nascita dello Stato di Israele” dice Renata Pace in un’intervista, e aggiunge: “Ho avuto il mio riscatto, in un certo senso. E ieri mi sono commossa per la ribellione di Albano Laziale. Vuol dire che non siamo soli”. Qualcun altro, invece, lo è.