La salma di Evita (dialoghetto sulla vanità umana e politica)

Dopo il doppio carpiato in Senato, la postura politica di Berlusconi somiglia al destino postumo della consorte del caudillo argentino. [Flavio Fusi]

La salma di Evita (dialoghetto sulla vanità umana e politica)
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3 Ottobre 2013 - 19.37


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di Flavio Fusi

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“E ora cosa scrivo?”, sghignazza sconsolato l’amico Wolfgang , che deve spiegare a quei sempliciotti dei tedeschi le deliziose sottigliezze della politica italiana. “Scrivi – come ha sentenziato Maurizio Lupi – che Berlusconi ha interpretato magistralmente la posizione netta e unitaria del Popolo delle libertà….”. Ma Lupi chi? Il capo dei traditori, degli infami, dei pugnalatori? Definizioni stantie. E poi “pugnalatori” non è davvero il termine giusto. Diciamo piuttosto “agopunturisti”. Ecco, agopunturisti è la parola: un esercito, una falange di agopunturisti.

Oggi, calma piatta. Silenzio plumbeo nell’emiciclo che ieri ha sentito risuonare il ruggito dei conigli, e che ha visto – in mancanza di Spread – inerpicarsi ad altezze vertiginose il “quid” di Angelino Alfano. Calma piatta. Il Palazzo – mentre il pizzicagnolo sotto casa ha già corretto l’Iva dal 21 al 22 per cento – deve ancora digerire l’ennesima e magistrale metamorfosi del Caimano.

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Chiede l’hegeliano Wolfgang: “Era proprio lui, o il suo spirito, la sua controfigura a cavallo, quell’anziano signore che non voce rotta rassegnava la sua fiducia agli odiati nemici….?”. Impareggiabile uscita di scena: di fronte allo statista di Arcore, il vecchio Zelig era ridotto ieri a una sperduta mascherina del carnevale di Viareggio. “Il mio regno per un lasciapassare!”: pur di attraversare indenne la cruna dell’ago, il Cavaliere di Villa Certosa sarebbe pronto a pagare entrambe le tessere dei nuovissimi Partiti Comunisti or ora fondati dai “rossi antichi” Turigliatto e Malabarba.

Bassa marea dalle parti di Arcore. Quando l’onda era alta, la vela gonfia, e la prua frusciava festosa, i nostri pensierosi analisti paragonavano il cavaliere al caudillo argentino Juan Domingo Peron. Oggi, la postura di Berlusconi somiglia piuttosto al destino postumo della consorte del caudillo: donna Eva Duarte de Peron, detta Evita. La cui salma – raccontano le cronache – fu trafugata, moltiplicata in sette copie di cera, sepolta e poi ancora riesumata, trasportata da Buenos Aires a Madrid, da Madrid a Roma, da Roma di nuovo al Rio de la Plata. Infine dispersa nel mistero. Da quel tragico girovagare nacque la leggenda di Evita.

Così sarà forse della salma (politica, precisiamo, che Dio ce ne guardi…) del Cavaliere. Che oggi beccheggia come l’Olandese volante nel placido oceano del democristianissimo governo Letta. Ognuno lo vuole per sé, e ognuno lo allontana da sé. Presenza ingombrante, contro la quale è stato lanciato l’esorcismo di una formula geniale: maggioranza politica distinta dalla maggioranza numerica. Invano implora Wolfgang: “Lasciate la leggenda, ma togliete di mezzo la salma (politica, precisiamo, e ci mancherebbe altro….”).

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