«Di che cosa è malata l’Europa? La risposta più semplice sarebbe: è malata di mancato sviluppo economico e sociale, non riesce a crescere, sta perdendo velocità, competitività e questo è un dato fondamentale, questo è senza dubbio uno dei fattori fondamentali di crisi dell’Europa». Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano in una video intervista al Meeting di Cl.
«L’Europa doveva fare i conti con questo processo di trasformazione che poi ha
preso il nome di processo di globalizzazione – ha continuato Napolitano – ma è stato un processo di radicale cambiamento delle realtà e degli equilibri nel mondo».
«Oggi non c’è più bisogno dell’Europa per garantire la pace interna. Però, c’è bisogno di essere uniti e più integrati di prima, se no l’Europa rischia di essere sommersa dal processo di globalizzazione, di perdere peso in modo drastico, di avere una voce sempre più flebile, di non riuscire ad esprimere i valori che un lungo patrimonio storico
ha inciso nell’identità europea».
«Dobbiamo riuscire a competere con Paesi che sono cresciuti al di là di ogni previsione possibile e soprattutto in ritmo e intensità. Dobbiamo saper reggere le sfide, che sono le sfide dell’innovazione, della competitività, della produttività, e che sono le sfide di una rimodulazione efficace del nostro modello di economia sociale e di mercato» ha detto il Presidente della Repubblica.
Davanti all’emergenza rappresentata da «una grave forma di impoverimento spirituale, culturale» serve una reazione: ne è convinto Giorgio Napolitano per il quale è importante il «contributo che viene ai più alti livelli dalla Chiesa Cattolica, contributo che soltanto dei ciechi possono non vedere».
«Assurdo avere timore della fuga dei cervelli» – ha proseguito il Capo dello Stato -spiegando che «questi giovani costruiscono un futuro per sé e per l’Europa anche uscendo dai confini storici delle proprie antiche nazioni, lavorando insieme. Bisogna non solo formarsi insieme, bisogna anche creare degli spazi di ricerca e di occupazione in comune».
«Io – ha proseguito Napolitano – non tratterrei mai un giovane dall’andare a studiare o fare ricerca fuori d’Italia, convinto che tra l’altro la sua ambizione sia poi di tornare in Italia arricchito da questa esperienza che ha fatto. Non vedo in questo nessuno elemento di smarrimento dell’identità nazionale che non si cancella ma si integra nell’identità europea. Essere europei non significa cessare di essere italiani, spagnoli, francesi o tedeschi, significa sublimare le proprie storie e vocazioni nazionali».
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