La parola “elezioni” non è più un tabù nel Partito Democratico per nessuna delle fazioni interne. E questo soprattutto dopo la condanna di Silvio Berlusconi e la conseguente rivolta dei falchi del Pdl. I toni e modi della manifestazione del Pdl in sostegno all’ex premier saranno probabilmente decisivi per la sorte del governo e a largo del Nazareno si attende di vedere fino a che punto si spingeranno gli alleati della grande coalizione.
Certo è che oggi si è proseguito col piede sbagliato, con quel richiamo di Sandro Bondi ai rischi di guerra civile, definito come quantomeno “strampalato”, che non sono parsi forieri di un rasserenamento del clima.
“O il Pdl torna nell’alveo della normalità democratica o i suoi ministri che hanno annunciato le loro dimissioni si dimettono. Il Pd non accetta ricatti”, ha chiarito oggi Fassina. “A quel punto però il Pdl dovrebbe spiegare agli italiani che antepone gli interessi personali del suo capo a quelli del paese”, ha insistito il viceministro.
Bersani oggi ha avvertito: “La destra si tolga dalla testa la pia illusione che davanti a una grande questione democratica possano esserci divisioni o tentennamenti nel Pd”, ha detto, “il punto è chiaro. Se il Pdl in un passaggio crucialissimo sceglie, come appare fin qui la strada dell’avventura, si carica di una enorme responsabilità politica e storica davanti al Paese”. L’ex segretario è parso ancora una volta bloccare il fronte a sinistra per non lasciare margine ai “fighetti”, come Letta ha bollato i dissidenti.
Alcune reazioni di esponenti del centrodestra, come quelle di Bondi, che arriva in modo del tutto irresponsabile a parlare di guerra civile, sono purtroppo intollerabili e prendono la strada di quell’avventurismo che invece sarebbe stato opportuno bloccare”, ha spiegato Francesco Boccia. Ma di voto anticipato ormai parla apertamente più d’uno.
“Per quanto ci riguarda, nella massima solidarietà a Letta, noi siamo pronti a tutto. Una legge elettorale si può approvare in tempi rapidi”, ha sottolineato Gianni Cuperlo. “Il governo deve fare per il bene dell’Italia, se non ci sono le condizioni oggettive, per il bene dell’Italia è meglio tornare alle urne”, ha avvertito il renziano Andrea Marcucci.
L’ala dei renziani oggi ha richiesto di convocare subito una direzione. Alla riunione, per discutere sulla carta di regole congressuali, stava già lavorando Gugliemo Epifani, in attesa di avere una risposta da Letta su una data possibile la prossima settimana. Ma con la situazione che rischia di precipitare non è detto che l’appuntamento sia fissato.
Eppure per i renziani proprio la possibile crisi rende urgente un confronto. “Occorre la convocazione della direzione subito, allargandola anche a tutti i parlamentari per dare spazio a tutte le sensibilità. Dopo settimane di melina, dobbiamo accelerare per farci trovare pronti a tutto”, hanno sottolineato Federico Gelli ed Ernesto Magorno. Certo se il governo dovesse saltare saranno inevitabili le ripercussioni sul cammino del congresso.
Roberto Gualtieri ha consegnato a Epifani il documento con le norme messe a punto dopo i contatti con gli altri membri della commissione congressuale. Il percorso delineato, a quanto si è appreso, è a tappe: prima i congressi di circolo, due-tre settimane dopo l’assemblea di fine settembre, poi quelli provinciali probabilmente a inizio novembre, qualche settimana dopo i regionali e solo da ultimo le primarie per il segretario. Sempre che non precipiti tutto. In quel caso, ha sottolineato un membro della commissione, “si va direttamente alle primarie per il premier”. Il resto si vedrà.
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