Il Pd non è un taxi per il governo
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Il Pd non è un taxi per il governo

L'Opa su Pd e governo provoca la reazione dei democratici: il no di Barca, Rossi e Cuperlo. Franceschini: chi farà cadere Letta la pagherà cara.

Il Pd non è un taxi per il governo
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30 Giugno 2013 - 15.23


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Matteo Renzi ha provato a dettare la sue regole per le primarie, [url”in un’intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung”]http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=46137&typeb=0&Renzi-candidato-premier-chi-vince-le-primarie[/url]: “Chi le vince, deve essere candidato premier. Certo, non vorrei diventare capo del Pd per cambiare il partito, ma per cambiare l’Italia”.

Il sindaco di Firenze vuole riblatare la linea del Pd, ma dai democratici arriva un altolà. Il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha lanciato un monito al sindaco di Firenze: “Pagherà caro chi farà cadere Letta”. Un avvertimento al Pdl, ma anche a chi, nel Pd, potrebbe avere la tentazione di accelerare la caduta dell’esecutivo, riferendosi proprio a Renzi che ieri ha anche detto, riferendosi al premier: “Non bastano i piccoli passi”.

Sulla stessa linea di Franceschini anche l’ex ministro Fabrizio Barca: “Matteo Renzi riflette un errore compiuto da chi ha costruito il Pd. Anche negli Usa il coordinatore del partito è una persona che non ha niente a che fare con il candidato alla presidenza, deve avere altre doti. Sono due mestieri diversi. Però cambiare le regole in corsa non è facile”.

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“A me – ha detto Barca – interessa una organizzazione-partito che sia curata da una persona che crede in quella organizzazione, che dedichi 13 ore al giorno a quel lavoro… L’ ultima cosa che deve fare il segretario del Pd è dare fastidio al presidente del Consiglio, semmai lo deve incalzare, ma non deve ambire a quella posizione”. Secondo Barca “chi ambisce a guidare una organizzazione deve occuparsi della sua organizzazione, poi potrà anche occuparsi d’altro, ma intanto ce n’è di lavoro da fare. Chiunque voglia candidarsi a fare il segretario si ricordi qual è il mestiere che ambisce a svolgere: il segretario di un partito, un mestiere che fa tremare le vene”.

Uno stop alla riunificazione dei ruoli di segretario e premier arriva anche da Gianni Cuperlo, che contrattacca: “Serve investire sul Pd, non usarlo come il trampolino per altri incarichi o la corvè da fare per diventare sindaco, parlamentare o premier. Chiunque si candiderà a guidare questa fase, dovrà candidarsi a fare questo mestiere”.

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Gli fa eco Stefano Fassina che ha dato la propria “disponibilita” a scendere in campo. Il viceministro dell’Economia ha ricevuto, infatti, la benedizione di Pier Luigi Bersani, il quale spera che la sua candidatura abbia un bacino più ampio di quello di Cuperlo, il quale dovrebbe allora fare un passo indietro, per favorire un’unica candidatura che raccolga anche l’area vicina a D’Alema. Ma Cuperlo ha ribadito l’intenzione di restare in campo: “Chi si candida lo fa perché sente il dovere di poter dare un contributo e queste candidature sono tutte energie positive”.

Sulla stessa linea anche il senatore del Pd Vannino Chiti, presidente della commissione Politiche dell’Unione europea: “Il Pd ha bisogno di cure e di impegno: per questo è indispensabile togliere dallo statuto l’automaticità tra il ruolo di segretario e quello di candidato premier. Alcuni mesi prima del voto, per scegliere il candidato premier, dovranno essere previste primarie aperte. Così del resto abbiamo fatto prima delle ultime elezioni”. Chiti denuncia che “nel Pd stenta a decollare un dibattito sui valori e sulle regole condivise per un partito che voglia essere una sinistra riformista e plurale: senza questo confronto il congresso rischia di essere non un momento di rilancio ma il precipitare di una crisi”.

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E poi, contro il sindaco di Firenze, si è schierato anche il governatore toscano Enrico Rossi che su Facebook ha scritto: “Non si cambia l’Italia se non si cambia il Pd. Questo è il vero tema del congresso. E il partito non può essere un taxi per la presidenza del consiglio”.

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