Se il Pd non si muove, Marino rischia di perdere
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Se il Pd non si muove, Marino rischia di perdere

Il candidato del centrosinistra è poco sostenuto dal partito, ma anche lui ha cercato di sfilarsi dai democratici: la strada è in salita. [Giancarlo Governi]

Se il Pd non si muove, Marino rischia di perdere
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23 Maggio 2013 - 16.31


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di Giancarlo Governi

Alcuni giorni fa ho pubblicato su Globalist un editoriale intitolato “Marino rischia di sprofondare nell’anonimato”.

Ora mi fa piacere – anzi mi dispiace profondamente – che anche Fabio Luppino, un giornalista molto più vicino di me alle cose del PD, faccia suonare lo stesso campanello di allarme. Perché se annunci una catastrofe e poi questa catastrofe non si avvera non puoi non esserne contento.

Ora mi pare che anche Luppino senta puzzo di pericolo perché suona la sveglia al Partito Democratico che non sta sostenendo abbastanza Marino, impelagato come è nelle sua gravi beghe interne. Io penso che l’errore stia a monte, nel non aver fatto primarie allargate a tutti con grandi nomi in lizza, precludendosi la possibilità di mettere in campo un candidato che potesse ottenere più larghi consensi e avesse maggiore possibilità di vittoria, come è avvenuto in passato, a Milano, ad esempio, con Pisapia o in Puglia con Vendola.

Il Partito Democratico in crisi anemica ha bisogno di sangue nuovo soprattutto in elezioni dove si gioca una faccia contro un’altra. A Roma poi dove hanno amministrato due grandi sindaci di sinistra come Francesco Rutelli e Walter Veltroni , per porre la parola fine al disastroso quinquennio di Alemanno hai bisogno di promettere ai romani qualcosa di grande e per promettere qualcosa di grande ti devi presentare con una faccia grande e credibile.

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L’anno scorso, noi di Globalist, proponemmo la candidatura a sindaco di Roma, di Carlo Verdone, sapendo che il grande attore romano non avrebbe accettato mai, ma con la intenzione di dire: guardate che la Capitale ha bisogno di grandi personalità che cerchino la continuità con il grande passato di Rutelli e di Veltroni, con quegli anni che il sindaco di Parigi Delannoe ha definito, nella prefazione al libro di Gianni Borgna che in quel periodo fu assessore alla cultura, “gli anni del nuovo rinascimento romano” (a proposito, che fine ha fatto Gianni Borgna? Nessuno parla più di lui).

Il Pd non ha appoggiato Marino, dopo averlo scelto nelle primarie con un margine di voti molto alto, tanto che nel suo simbolo non c’è scritto “per Marino sindaco”, ma lo stesso Marino non ha cercato l’appoggio del PD, innanzi tutto rifiutandosi di capitanarne la lista e poi presentandosi come un personaggio indipendente piovuto chissà da dove. Da parte sua Marino sembra condurre una battaglia privata e finisce per far navigare la sua anonima figura nel mare dell’anonimato. Nei suoi manifesti elettorali non c’è a sostegno il simbolo del PD e degli altri partiti che dovrebbero sostenerlo, ma in compenso c’ è il ridicolo slogan “daje!” che tra l’altro connota in maniera provinciale la città più cosmopolita del mondo.

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Ora si cerca di correre ai ripari, domani Epifani porterà Marino a piazza San Giovanni con il proposito di riprendersi la storica piazza, in cui la sinistra ha sempre consumato i suoi riti di massa e che a febbraio le fu “usurpata” da Grillo, mentre Bersani riparava al teatro Jovinelli.

Ma Piazza San Giovanni è un’arma a doppio taglio: se la riempi (e per riempirla ce ne vuole, a meno che non porti la gente con i pulman e cestino pagato come fa Berlusconi, ) e allora è il trionfo, ma se non ci riesci è il flop. Riuscirà l’anonimo Epifani in appoggio all’ancora più anonimo Marino, a riempire Piazza San Giovanni? E soprattutto ce la faranno a vincere le elezioni di Roma? Ce lo auguriamo con tutto il cuore anche perché altri cinque anni di Alemanno Roma non potrebbe reggerli.

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