Dal nuovo ministro saggezza e competenza

Maria Chiara Carrozza è il nuovo ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. È ora di interventi, pochi ma mirati a correggere le deformazioni del sistema. [Marina Boscaino]

Dal nuovo ministro saggezza e competenza
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28 Aprile 2013 - 15.16


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di Marina Boscaino

Non sono tra coloro che hanno esultato per la “riserva indiana”: tante donne, per giunta una “di colore”. Mi sono rammaricata, indignata, disperata per la nascita del governo Letta. Come molti elettori e non del Pd, ero convinta, infatti, fino a qualche giorno fa che quello fosse il partito, pur nelle sue debolezze e contraddizioni, dell’intransigente rifiuto di qualsiasi alleanza con il Pdl. Per gli elettori mi dispiaccio, perché so quanta buona fede molti di loro hanno espresso, per l’ennesima volta, nel voto. Come tanti comunque in questi giorni, mi sto interrogando sui nuovi ministri di questo governo letteralmente inimmaginabile persino un anno e mezzo fa, quando il PD accettò di non andare alle elezioni e sostenne Monti insieme a Berlusconi. Rimane un interrogativo: che male ha fatto la gente “di sinistra” di questo Paese per essere costretta ad affrontare (non a sostenere) questo clamoroso rovesciamento di scenario e la distruzione di ideali, principi, storie, resistenze che ne consegue?

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Rettore della Scuola Superiore Sant’Anna dal 2007 fino a quando, lo scorso febbraio, non è stata eletta alla Camera, Maria Chiara Carrozza – da domenica pomeriggio ministro dell’Istruzione – [url”ha un curriculum di tutto rispetto”]http://www.partitodemocratico.it/utenti/profilo.htm?id=3286[/url]. Il suo essere donna ha invece poca importanza: Falcucci lo era, Moratti e Gelmini lo sono, e le ultime due hanno prodotto danni inestimabili alla scuola italiana. Rispetto a Fioroni, l’ultimo ministro di centrosinistra (sic!), Carrozza si distingue per un’ipotizzabile tensione laica. Rispetto a Profumo, pure – come lei – preceduto da credibilità scientifica, l’auspicio che non cada negli stessi errori del suo predecessore. Il 22 dicembre 2011, a pochi giorni dalla sua nomina, in un Forum su Repubblica.it Profumo declinò con sicurezza un decalogo di promesse (dall’edilizia scolastica, all’aumento delle competenze matematiche degli studenti; dalle tecnologie al merito, alla soluzione del precariato). Sappiamo tutti come la Demagogia 2.0 del ministro si sia concretizzata in un nulla di fatto (nonostante le continue promesse di tablet per insegnanti e studenti); il merito e la valutazione si siano oggettivati in una bozza di dpr, approvato in Consiglio dei Ministri fuori tempo massimo, quando il governo era in carica solo per il disbrigo degli affari correnti; per i precari siano stati messi a concorso i posti del turn over.

Dal nuovo ministro la scuola italiana pretende invece cautela, saggezza, competenza (cosa sa davvero della scuola uno scienziato?), interventi – pochi – mirati a correggere deformazioni del sistema sclerotizzate da anni di neoliberismo imperante, che hanno sottratto a poco a poco la scuola alla sua funzione costituzionale. In attesa che inizi il consueto moltiplicarsi di lettere aperte al nuovo ministro e con la prudenza d’obbligo, soprattutto al cospetto di un governo che nasce dalle ceneri della democrazia parlamentare, colgo alcuni passaggi di una recente intervista sull’Huffington Post, che potrebbero costituire elementi per giudicare l’operato del ministro. Nella globalità si tratta del consueto “programma” faraonico, che richiederebbe investimenti che in questo momento il Paese non è in grado né è disponibile a sostenere. Ma, seppur in questo contesto, si riconosce la centralità di alcuni principi che auspichiamo sin d’ora confermati dalle future azioni.

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“Non c’è solo un divario tra Nord e Sud, ma tra zone di centro e periferia, marginalità e benessere, tra studenti italiani e stranieri. La ricetta è di rimuovere gli ostacoli di origine economica e sociale che si frappongono fra i cittadini e la loro piena partecipazione alla vita economica e sociale del Paese. Il tempo scuola è il miglior antidoto alla dispersione scolastica”. L’articolo 3 della Costituzione, che individua nella scuola statale lo strumento principale di cui lo Stato dispone per rimuovere gli ostacoli, è stato clamorosamente ignorato da provvedimenti trasversali. Sarebbe ora di individuare azioni precise per sanare una delle piaghe socio-economiche-culturali che affossano il Paese: la dispersione scolastica, che ha ricadute disastrose non solo sui destini individuali, ma sull’intera collettività.

Portare gli investimenti al 6% del PIL, il livello medio dei Paesi OCSE. Questi i campi necessari di investimento: 33% di copertura dei posti all’asilo nido, tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze, per le medie reclutare una leva di insegnanti specializzati per preadolescenza e adolescenza, e allungare il “tempo scuola” (scuole aperte anche al pomeriggio con sport, tecnologia, studio in gruppo, laboratori, classe aperte ecc), per le superiori biennio unitario, così che la scelta a quale scuola iscriversi non sia fatta in 3° media, troppo presto, ma maturi dopo i primi due anni della secondaria, creazione di Poli per l’Istruzione Tecnica Superiore che tengano insieme l’istruzione tecnica/professionale e la formazione professionale (sistema integrato), le imprese, l’università e il mondo della ricerca. Portare gli investimenti su scuola, ricerca e università al 6% del Pil significa determinare una scelta di campo in controtendenza rispetto alle politiche economiche degli ultimi lustri. Significa scalzare il primato dell’economia, restituire dignità e diritti, assumersi la responsabilità di convogliare sulla creazione di una cittadinanza consapevole, attraverso cultura ed educazione, un investimento forte. Assolutamente determinante in questo senso è la sostituzione dell’obbligo di istruzione con l’obbligo scolastico fino al biennio unitario della scuola superiore incluso. Significa dare a tutti i cittadini un’analoga (non identica!) formazione fino a 15 anni, in un Paese dove oggi un quindicenne può assolvere l’obbligo di istruzione tanto in un V ginnasio quanto in un anno di apprendistato.

Esiste poi una questione di principio e di diritti, di assoluta urgenza e attualità – la questione del referendum di Bologna – sulla quale sarebbe importante che il nuovo ministro aprisse una fase d’ascolto e tenesse conto del risultato che si sta configurando in quella città: la priorità degli interventi economici deve essere destinata alla scuola pubblica. Non serve un sistema scolastico che aumenti la competizione tra scuole, ma che favorisca la collaborazione tra docenti e tra reti di scuole. Serve collaborazione per diffondere le buone pratiche didattiche per aiutare le scuole a raggiungere il massimo del proprio potenziale. Un sistema nazionale di valutazione e di ricerca educativa che serva davvero come strumento con cui confrontarsi per verificare se ciò che si fa a scuola ha efficacia con gli studenti”.

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Una valutazione, dunque, svincolata dalla premialità, ma finalizzata intenzionalmente alla correzione e al miglioramento del sistema nella sua interezza e nelle sue singole determinazioni? Bene. Attendiamo indicazioni rassicuranti sul ruolo dell’Invalsi e sulla quiz-mania imperante.
Sul problema del precariato e del concorso Carrozza ha affermato: occorre intervenire sulle modalità di formazione iniziale e reclutamento, poiché dagli anni ’80 in poi sono state approvate continue riforme, che non hanno fatto altro che stratificare diritti, troppo spesso lesi, e sistemi ingarbugliati di punteggi che hanno alimentato lo sfruttamento e la precarizzazione degli insegnanti. Dobbiamo prevedere un piano pluriennale di esaurimento delle graduatorie per eliminare la precarietà dalla scuola (non costa un euro in più stabilizzare chi lavora su posti vacanti) e offrire la necessaria continuità didattica agli studenti. E contemporaneamente metter mano ad un modello di formazione iniziale e reclutamento, equo e trasparente, che offra ragionevoli speranze ai giovani che desiderano dedicare la propria vita professionale all’insegnamento, selezionando tramite concorso i migliori laureati per l’accesso alla formazione iniziale, secondo numeri programmati al fabbisogno; un anno di prova attraverso tirocinio e supplenze brevi accompagnati da un insegnante esperto, e infine la firma del contratto a tempo indeterminato.” Ha poi aggiunto che bisogna garantire un organico funzionale, cioè una dotazione di personale, stabile per almeno un triennio, attraverso un nuovo piano pluriennale di esaurimento delle graduatorie per stabilizzare i precari. Parole che le decine e decine di migliaia di lavoratori precari della scuola non dovranno dimenticare.

Il neoministro ha poi toccato il tema che ha mobilitato le scuole nello scorso autunno. La “proposta indecente”, caldeggiata dal governo “tecnico”, dell’aumento extra contrattuale di 6 ore settimanali di lezione di insegnanti di medie e superiori, senza alcun riconoscimento economico. A questo proposito Carrozza ha affermato: “nuovo contratto nazionale che attribuisca una retribuzione più alta per chi decide di svolgere a scuola nel pomeriggio le attività svolte oggi a casa come la correzione dei compiti, la preparazione delle lezioni, la formazione”. C’è da chiedersi se il ministro sa che molti di noi stentano a trovare nelle scuole italiane persino il posto per riporre i propri libri (sono ancora in uso i mitici “armadietti”, cassetti dalle dimensioni minime, eredità di un arredo che conta decenni). Che l’edilizia scolastica e la distribuzione degli spazi non prevede per noi ambienti di lavoro diversi dalla cattedra per studio, ricerca, riflessione.

Infine: “Servono laboratori che sappiano coniugare il sapere al saper fare, la rottura dell’unità della classe e della consequenzialità delle lezioni, una scuola che superi la rigidità dell’orario e degli spazi. Non è assegnando un premio o una punizione o scatenando competizione tra le scuole che si sollecitano le stesse al miglioramento”. Un positivo svincolamento dal corto circuito demagogico che vincolerebbe (peraltro senza alcuna conferma scientifica) gli apprendimenti degli studenti all’uso delle tecnologie, una delle convinzioni più incrollabili di Profumo. Carrozza esprime la convinzione che si tratti – più che di una questione tecnologica e tecnicale – di una più complessa organizzazione dei tempi e degli spazi dell’/ per l’apprendimento. Che non si esaurisce nella taumaturgia della Lim o nell’epica dell’e-book.

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L’8 giugno del 2012 Maria Chiara Carrozza ha scritto sull’Unità, esprimendosi sul problema della valutazione che rappresenta uno dei temi oggi più dibattuti, anche grazie all’imminenza delle prove Invalsi: Non una competizione fra individui in fuga isolati da un gruppo in ritardo perenne e sempre più grave, ma l’esprimersi delle capacità migliori (individuali e di gruppo, creative e organizzative) su un solido terreno egualitario. Eguaglianza, si intende, non come primato al ribasso della mediocrità, ma come generalizzazione delle condizioni di accesso all’eccellenza: non una gara fra iperdotati ma la scoperta e valorizzazione dei più dotati attraverso un processo di mobilità sociale che nella scuola e nell’università deve avere il suo principale centro propulsivo. Infatti è proprio nella perdita di questa capacità di promuovere la mobilità sociale che si manifesta la crisi profonda in cui è impantanato il nostro sistema di istruzione pubblica (…) Massima attenzione, dunque, allo stimolo per i migliori: ma dando a tutti, appunto, la condizione per partecipare alla gara, di proporsi come i migliori, o comunque di migliorare. Erano parole scritte per sottolineare come il concetto di merito non possa prescindere da quello di uguaglianza, e come la vulgata di un rifiuto tout court della valutazione da parte delle forze progressiste sia inesatta. C’è da osservare, però, che il Pd nel corso degli ultimi anni, ha fatto di tutto per esprimere rispetto ai concetti di valutazione e merito un’idea asfittica, di matrice aggressivamente neoliberista e piuttosto lontana dalle affermazioni di Carrozza. Proviamo a confidare nel fatto che alle dichiarazioni di un anno fa seguano azioni conseguenti e convincenti: Anvur, Invalsi e bozza di Dpr sul sistema nazionale di valutazione aspettano Maria Chiara Carrozza alla prova dei fatti.

Potrebbero essere le uniche risposte concrete al comprensibile e legittimo pre-giudizio che molti di noi hanno sulla nuova compagine governativa.

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