“Rimango quello che sono stato, sono
e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha
sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica
della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla
politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare
le traversie in opportunità”. Stefano Rodotà, in una lettera a Repubblica, spiega la “strategia rovinosa, per sé e per
la democrazia italiana, scelta dal Pd”. E dà una lettura politica e umana: “Si irride
alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato
in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non
ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo
con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi
Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha
chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta
la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici
all’interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non
dice: non c’è problema. Non gira la testa dall’altra parte.
Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua
inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com’è andata concretamente a
finire”.
Rodotà: io di sinistra, il Pd chissà
In una lettera Stefano Rodotà coglie gli elementi paradossali della situazione politica con riferimento al Pd. E dice: lavoro per la cultura politica della sinistra.
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22 Aprile 2013 - 09.13
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