Scatafascio.
Quando ero ragazzo sullo Scilla e Cariddi i vecchi parlavano di scatafascio se una stagione agricola finiva in malora a causa di una improvvisa bufera che aveva distrutto tutto il raccolto e le fatiche di un’intera annata. Anche i pescatori usavano la stessa espressione per dire di una tempesta che si era portato via anche le reti e le paranze. Si imprecava contro la mala sorte e si organizzavano processioni e novene di intercessione, ma la responsabilità degli uomini restava al riparo.
Addolorati e provati, vecchi e giovani si rimettevano subito alla prova per ricominciare e ripartire.
Lo scatafascio politico a cui assistiamo è invece per intero responsabilità degli uomini e dei diversi schieramenti. Si sostiene di volere raggiungere intese, di operare per dare risposte si drammatici problemi del Paese ma i comportamenti sono inconcludenti e non portano risultati. A due giorni ormai dall’inizio delle votazioni dei grandi elettori la prospettiva di una soluzione condivisa resta in alto mare.
Circolano nomi di possibili candidati lanciati nella mischia come se si trattasse di una giostra per la festa del santo patrono. Non si intravede un candidato almeno potenzialmente condivisibile, né emerge la scelta che i maggiori partiti-proprio per favorire l’intesa-intendono proporre.
Dominano scontri, veti e tatticismi, anche a proposito delle “perfide” dichiarazioni che ricevono risposte di comprensibile richiamo al galateo, ma lasciano inalterato il nodo. Specie per quanto riguarda il Pd che con Bersani si era assunto l’onore di rappresentare il grande motore per la soluzione della crisi. Invece tutto resta in alto mare in modo preoccupante. Insomma uno scatafascio e un suicidio della politica.
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