Ho 21 anni, da domani sarà un'altra Italia
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Ho 21 anni, da domani sarà un'altra Italia

L’Italia nuova s’ha da fare: chi ha ottenuto il potere è azzoppato dalla divisione del nostro Paese, ma noi dobbiamo essere saldi e presenti, ora più che mai.

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27 Febbraio 2013 - 18.51


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di Elena Griggio

Ho 21 anni, guardo mio padre seguire con apprensione i risultati di queste ultime elezioni.

Preoccupanti, ma non per i risultati in sé ma per il fatto che essi costituiscono la risposta all’esasperazione dei cittadini italiani per i governi che si sono susseguiti in tutti questi anni. E questa risposta ci mostra un’Italia spaccata in tre.

Dove un terzo rappresenta la sola via che si è dimostrata la concreta risposta di cinquant’anni di cancrena politica dove abbiamo visto l’ineluttabile affermarsi di una distanza impossibile tra la realtà dei comuni cittadini e la classe politica che avrebbe dovuto rappresentarli. Una partitocrazia di mangioni, ladri, farabutti, dove il più pulito ha la rogna, dove la meritocrazia è morta e il cadavere è stato nascosto. E questo illustre defunto, il Merito, riposa accanto alla capacità di analisi dei più giovani, schiacciati da una burocrazia che li massacra e da una disinformazione diffusa che colpisce anche i loro genitori e i loro cari. Giovani che decidono, difficile dire “a torto”, di lasciare l’Italia. Ed ecco cosa siamo oggi: un Paese che lascia andare la futura classe dirigente come se fosse una zavorra, come se la possibilità di rinnovamento che la nostra povera patria chiama sotto quintali di pattume. Quel pattume che mangiano ogni giorni i cittadini, tassati oltre il giusto per pagare gli stipendi dei parlamentari, dei consiglieri regionali, di una gran classe di maiali incapaci di fermare la loro grande abbuffata. La mia generazione è annichilita, ingabbiata nella contraddizione di essere lontana dalla politica perché oramai puzza di marcio (eppure lo capiamo bene, Benigni, quando ci ricorda l’importanza di amarla questa Πολιτεία) e, al contempo, la gran fame di cambiamento, il desiderio di reagire a questo essere sudditi, parte di un piatto dal quale mangiano mille bocche.

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Adesso siamo qui, con l’Italia spaccata in tre e con il sole del Movimento 5 stelle che albeggia. Io ho votato Ingroia, ma questo non toglie che il mio cuore e il mio fegato sperano con tutta la forza che resiste, che ci sia una risposta concreta a questa piccola rivoluzione prima che venga fagocitata dagli insulti di chi rivoleva (ANCORA) il Pd, di chi ha smarrito la via per il manicomio psichiatrico ed è tornato a votare B., di chi gongola indeciso sul da farsi, di chi si è arreso perché non vede più alcun possibile orizzonte di dialogo. Il mio ragazzo vive all’estero e non lo chiamerò per dire che lascio l’Italia per spostarmi là, in Irlanda, dove lui è e dove ha trovato un lavoro dopo un mese di permanenza. Lo chiamerò per dirgli che resto qui e che ci credo. Ci credo che l’Italia, dopo un probabile passaggio per l’Impoverimento, dopo aver carezzato se non raggiunto la Grecia, dopo aver fallito ovunque arriverà ad un’evoluzione, ma dev’essere concreta e se nessuno sa dirmi quale sia la troverò da me. La troveremo da noi. Nello studio, nell’attività, anche politica (esacerbata dalla sensazione di dovermi tappare il naso ogni volta che ne percepisco le dinamiche, anche nelle piccole realtà) e la indagheremo per appoggiarla od opporci. Se i grillini sono davvero pronti a governare io li appoggio, sperando che portino una ventata nuova nella discarica a cielo aperto che è la corte (dei miracoli) della nostra vecchia, decrepita, oscena classe politica. Per questo Nuovo che incombe ci vuole unione e collaborazione. Si dirà forse che Grillo non piace, ma trovo sciocco chi guarda al leader senza aver alba del gruppo che rappresenta. Un gruppo munito di cellulari, di microfoni, di intenti piuttosto arrabbiati e determinati di cui l’Italia ha bisogno per riavere voce non filtrata. Non ingannata.

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E allora, se non vi basta il dimezzamento dei parlamentari, il 75% in meno agli stipendi di questi grassoni, cercate di fare appello alla grande spinta che porta gli onesti d’intento al voto e che spero abbiate provato. Essa non deve morire con lo spoglio, ma deve incrementarsi nella concretizzazione di tutti quei diritti che abbiamo scelto di votare per guarire da questa metastasi.

L’Italia nuova s’ha da fare: chi ha ottenuto il potere è azzoppato dalla divisione del nostro Paese, ma noi dobbiamo essere saldi e presenti, ora più che mai. Quanto schifo vogliamo ancora denunciare? E soprattutto, quanto schifo vogliamo ancora far finta di non dedicare a noi stessi solo perché era più facile essere sudditi che cittadini?

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