Partiti senza bussola nella tempesta
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Partiti senza bussola nella tempesta

Altro che Grillo. I partiti sono allo sbando, senza guida, e le riforme così tardive forse sarebbero inutili. In queste condizioni come reggere fino all'anno prossimo?

Partiti senza bussola nella tempesta
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22 Maggio 2012 - 18.33


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di Maurizio Ambrogi

Diciamo che per i partiti tradizionali il fenomeno Grillo è il problema minore. “Dovrebbero ringraziarmi perché gli paro il culo”, dice giustamente l’ex comico, blogger e ora capo-partito: in altri Paesi la contestazione al sistema genera mostri (vedi la Grecia, un esempio su tutti, ma anche in Francia la destra non scherza ed è tenuta a bada solo dal sistema elettorale a doppio turno). Da noi trova sfogo in un movimento che recupera la politica partendo dal basso. Magari senza una grande visione dei problemi nazionali, ma comunque appassionato e capace di coinvolgere i giovani.

I veri problemi per i partiti tradizionali sono altrove e sono almeno due: la disaffezione che porta ad un astensionismo record. E poi l’invecchiamento improvviso di una enorme fetta di classe politica. Prima la resa al governo tecnico, poi un voto amministrativo che umilia Pdl e Lega, ridimensiona le ambizioni del Terzo Polo, pone problemi anche a sinistra, dove la vittoria incontestabile avviene in un quadro di sfaldamento complessivo. Soprattutto al centro e a destra tuttavia l’allarme è massimo. Berlusconi sembra il leader di un secolo fa, e il suo delfino Alfano rischia già di essere spazzato via. Il Terzo Polo è stato dichiarato morto da Casini già dopo il primo turno: e il tanto evocato “centro” resta solo una figura concettuale.

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Fino a ieri ci si baloccava con la Grande Confederazione del Centrodestra: ma oggi qualsiasi operazione di questo tipo apparirebbe come uno schema scritto a tavolino, mentre i voti sono nel frattempo svaporati o congelati nel grande contenitore dell’astensione. Fino a ieri ci si aspettava che i partiti battessero un colpo sulla riforma istituzionale, su quella elettorale e sul taglio del finanziamento pubblico per riacquistare un ruolo e una credibilità: oggi questo sforzo titanico da un lato sembra più difficile, dall’altro forse tardivo e quindi inutile.

Il quadro politico si sta ristrutturando rapidamente, ma nessuno sta guidando questo processo e sembra in grado di prevederne il disegno finale. A questo punto si pone una domanda che riguarda il governo: quanto può andare avanti un esecutivo tecnico sostenuto da una maggioranza politica litigiosa e indebolita dal voto amministrativo? Il partito che è ancora più forte in Parlamento ha dimezzato i voti nei sondaggi e quel che più conta nelle urne, sia pure locali. La sua crisi rischia di paralizzare l’azione del governo e magari di accorciare la durata della legislatura.

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