De Magistris e Zedda i sindaci più amati
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De Magistris e Zedda i sindaci più amati

A sorpresa, in vetta alle classifiche del consenso gli amministratori locali del Sud. Crolla Renzi. Il dato pone domande intriganti in vista delle amministrative.<br>

De Magistris e Zedda i sindaci più amati
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16 Gennaio 2012 - 10.57


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Il sud sbaraglia. È l’immagine che emerge dalla nuova edizione del Governance Poll, l’indagine che ogni gennaio tasta il polso della politica locale e misura il consenso ottenuto da sindaci, presidenti di Provincia e di Regione nell’anno che si è appena chiuso. A primeggiare quest’anno è Luigi De Magistris, che supera il semi-plebiscito ottenuto nel secondo turno delle elezioni di maggio scorso e raggiunge un rotondo 70%, percentuale da tempo assente nelle rilevazioni annuali su una politica sempre più in crisi di consenso.

Lega e Renzi anonimi. Dietro di lui, con il 66%, arriva il neo-sindaco di Cagliari Massimo Zedda, mentre al terzo posto coabitazione fra il barese Michele Emiliano, il salernitano Vincenzo De Luca e il veronese Flavio Tosi: fra i pochi, gli ultimi due, a conservare una posizione ai vertici della graduatoria, che l’anno scorso contava fra gli altri Peppino Vallone (Crotone) e Massimo Cialente (L’Aquila), col fiorentino Matteo Renzi sprofondato in zone più anonime: un pacchetto nutrito, quello dei sindaci che dal Governance Poll non ricevono soddisfazioni, visto che il 50% d arretra o pareggia il risultato dell’anno scorso.

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Pdl a fondo classifica. La classifica stilata dagli elettori che in ogni città hanno risposto positivamente alla domanda-chiave rivolta loro da Ipr Marketing («Se domani ci fossero le elezioni, voterebbe a favore o contro l’attuale sindaco?») non piacerà certamente al Pdl, che occupa in modo quasi integrale le ultime 10 posizioni (l’unica eccezione è il piddino Giovan Battista Mongelli, sindaco di Foggia e penultimo con solo un 45% di elettori disposto a rivotarlo domani).

Ma anche il Pd piange. De Magistris e Zedda si sono fatti strada schiacciando il candidato del partito alle primarie o alle urne «vere», e sono fra gli esponenti di punta di quella «primavera arancione» che gli uomini di Bersani hanno sopportato più che supportare. Allo stesso filone appartiene anche Giuliano Pisapia, ma una Milano alle prese con la super-austerity di bilancio e con l’arrivo del nuovo ticket da 5 euro per entrare in macchina nella cerchia dei Bastioni appare molto meno prodiga di favori con il 51,5% di consensi.

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Sindaci anti apparato. Anche Michele Emiliano e Vincenzo De Luca hanno costruito una fetta importante della loro cifra politica con le critiche alle varie segreterie che si sono succedute al vertice del Pd, per cui il primo esponente «ortodosso» di peso si incontra all’11esimo posto: è Piero Fassino, che con il 59% di «sì» (e un incremento del 2,6% rispetto alle elezioni di primavera) ottiene un buon risultato ma si tiene ancora lontano dalle performance ottenute negli ultimi anni dal suo predecessore Sergio Chiamparino (che l’anno scorso si piazzò secondo con il 66 per cento).

Effetto Monti. Smottamenti così importanti nel rapporto fra cittadini e sindaci danno importanza alle elezioni amministrative di primavera, primo test politico con Mario Monti a Palazzo Chigi. La sfida più difficile pare al momento quella del centrodestra palermitano, impegnato a trovare un candidato in grado di allargare il perimetro dell’alleanza e superare i risultati fiacchi di Diego Cammarata (ultimo, con un 38% di consensi che rappresentano il record negativo degli ultimi anni del Governance Poll). A sinistra, invece, interrogativi pesanti a Genova su Marta Vincenzi, che arriva alle primarie per la riconferma dopo essere scesa sotto il livello di allarme del 50% anche a causa delle polemiche sull’alluvione.

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La Lega e Arcore. Da Como a Monza fino ad Alessandria, alle prese anche con l’emergenza bilanci e con l’ondata di avvisi di garanzia, arresti e accuse di danno erariale che hanno colpito i vertici dell’ente nei giorni immediatamente successivi alla realizzazione del sondaggio, le incognite per il centrodestra sono ingigantite anche dalla rottura dell’alleanza fra Pdl e Lega, che deve ancora far vedere i propri effetti sul territorio. Di fatto il nodo cruciale dell’attuale scontro tra Bossi e Maroni.

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