Ici e 8 per mille nell'incontro tra il Papa e Monti
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Ici e 8 per mille nell'incontro tra il Papa e Monti

Gli antichi equilibri di potere fra la destra e la Chiesa sono saltati. Il premier sabato prossimo vedrà il Papa come da prassi, ma i temi caldi sul tappeto sono molti.

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11 Gennaio 2012 - 09.36


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di Francesco Peloso Santa Sede e governo sono alla ricerca delle “buone relazioni” di sempre. Ma il clima politico e sociale nel Paese è cambiato, anche i privilegi della Chiesa sono in discussione e tuttavia la Cei e il Vaticano hanno appoggiato il nuovo esecutivo post berlusconiano. I negoziati fervono e Oltretevere si cerca di limitare i danni, a cominciare da quelli economici.

Più di una visita istituzionale. Sabato prossimo Mario Monti incontrerà in Vaticano Benedetto XVI per quella che, sulla carta, è una visita di prassi istituzionali fra un nuovo presidente del Consiglio italiano e il capo della Chiesa cattolica. Nella realtà, oltre la cortesia istituzionale, già manifestata per altro da entrambe le parti, i temi sul tappeto sono molti e riguardano i nuovi assetti nei rapporti fra Chiesa e Stato in un momento di transizione non solo economica ma anche politica di livello nazionale e internazionale. Il Vaticano e la Cei, in ogni caso, hanno fino ad ora dato man forte al nuovo premier.

La fine di un’éra. Fra le questioni che sono oggetto di negoziati discreti ma serrati fra le due parti, la quantità di risorse economiche che dallo Stato finiscino alla Chiesa in base ad accordi concordatari e leggi del Parlamento. D’altro canto si è chiusa un’éra: quella, tanto per fare un esempio, della protezione civile targata Bertolaso-Balducci (l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e l’ex capo del Consiglio nazionale dei lavori pubblici) che finanziava, senza pensarci due volte, qualsiasi grande evento promosso dal Vaticano o dalla conferenza episcopale in Italia, si trattasse di un viaggio del Papa in Liguria o di un congresso eucaristico.

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Il problema dell’Ici. E’ tempo di stringere la cinghia, e fra l’altro un forte movimento di opinione pubblica ha contestato, nel corso degli ultimi mesi, le esenzioni dell’Ici di cui godono le strutture commerciali gestite da istituzioni ed enti religiosi. Sul punto, i vescovi, si sono difesi fermamente, spiegando che gli abusi vanno perseguiti dai Comuni; una risposta che è però apparsa fragile in quanto evade il problema della mancata verifica da parte di diocesi e superiori delle congregazioni religiose.

Nessun trattamento di favore. E del resto il Presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, ha ammesso che la legge può essere “chiarita e migliorata” in alcuni aspetti. E’ passato poi quasi in sordina il parere favorevole dato dal governo a un ordine del giorno promosso dai radicali nel quale si chiedeva anche per la Chiesa – e non solo per essa – una normativa sull’Ici (la futura Imu) in linea con la legislazione europee relativa alla concorrenza. Insomma non ci possono essere trattamenti di favore in ambito ricettivo-turistico, e proprio su questo aspetto il governo sta cercando una soluzione tecnica che, pur salvaguardando lo specifico delle attività di culto o senza fini di lucro, recuperi le risorse dovute.

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Il taglio sull’otto per mille. Ma un altro passo ha compiuto l’esecutivo Monti che avrà conseguenze economiche per la Chiesa. Con una nota di pochi giorni fa, il governo ha infatti stabilito che i fondi della quota di otto per mille attribuiti allo Stato saranno suddivisi fra protezione civile e emergenza carcere, per tutto il resto non resterà nulla. Si tratta di 145milioni di euro (dati 2011 attinenti a redditi dichiarati nel 2008) che negli anni passati – e così doveva essere anche questa volta – ritornavano in parte alla Chiesa attraverso una miriade di interventi di restauro e manutenzione di parrocchie, cattedrali, monasteri, conventi, eremi, sedi di congregazioni religiose le cui strutture, essendo parte del patrimonio dei beni culturali, rientravano nelle finalità dell’otto per mille (insieme a calamità naturali, assistenza ai rifugiati e fame nel mondo). Solo che la quota di otto per mille attribuito alla Chiesa superava già il miliardo di euro, e una parte – minima – di questa somma finisce sempre nel capitolo “edilizia di culto” della Cei. In realtà tutto il meccanismo dell’otto per mille doveva – in base agli accordi fra Stato e Chiesa – essere rivisto proprio per evitare sperequazioni nella ripartizione; oltre il 50% dei contribuenti, fra l’altro, non esprime nessuna preferenza, ma pure la loro quota viene ripartita, proporzionalmente, sulla base delle scelte compiute da quanti indicano Stato o Chiesa.

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