Napolitano preoccupato, Berlusconi convoca il Cdm per domani
Top

Napolitano preoccupato, Berlusconi convoca il Cdm per domani

Il presidente della Repubblica: "Dica il premier se il governo può operare". Stamattina a Montecitorio la giunta per il regolamento.

Giorgio Napolitano
Giorgio Napolitano
Preroll

Desk Modifica articolo

12 Ottobre 2011 - 11.46


ATF

di Angelo Angeli

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, interviene direttamente sulla crisi che si è aperta con la bocciatura di ieri del governo alla Camera.
Napolitano sgombra il campo dalle ipotesti minimizzatrici. Non si è trattato, dice, di un incidente di percorso, ma di un voto di cui è preoccupato perché ha che ha “riflessi istituzionali”.
C’é in ballo il rapporto di fiducia tra il governo e il Parlamento.
Berlusconi ha deciso, subito dopo l’intervento di Napolitano, di convocare il Consiglio dei ministri per domattina alle 9. Sono molteplici, a questo punto, gli scenari che possono aprirsi, crisi di governo inclusa.

Interrogativi e preoccupazioni

“Ho finora sempre preso imparzialmente atto della convinzione espressa dal governo e dai rappresentanti dei gruppi parlamentari che lo sostengono circa la solidità della maggioranza che attraverso reiterati voti di fiducia ha confermato il suo appoggio all’attuale esecutivo”, scrive il capo dello Stato in una nota. “Ma la mancata approvazione, da parte della Camera, dell’articolo 1 del Rendiconto Generale dell’Amministrazione dello Stato, e, negli ultimi tempi, l’innegabile manifestarsi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione, con le conseguenti incertezze nell’adozione di decisioni dovute o annunciate, suscitano interrogativi e preoccupazioni i cui riflessi istituzionali non possono sfuggire”.

“La maggioranza è in grado di operare?”

Poi il presidnete passa al dunque, e si chiede se la maggioranza sia in grado di fare le scelkte che servono per scongiurare la crisi: “La questione che si pone è se la maggioranza di governo ricompostasi nel giugno scorso con l’apporto di un nuovo gruppo sia in grado di operare con la costante coesione necessaria per garantire adempimenti imprescindibili come l’insieme delle decisioni di bilancio e soluzioni adeguate per i problemi più urgenti del paese, anche in rapporto agli impegni e obblighi europei”. Parole che non lasciano spazio a troppe interpretazioni.

Il premier vuole parlare alla Camera

Berlusconi intende parlare oggi alla Camera per dimostrare che ha ancora in mano i fili della sua maggioranza, qualunque cosa decida la giunta per il regolemento.
Secondo il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, domani potrebbe esserci il voto di fiducia a Montecitorio.
Ma questo è l’iter che desiderano i vertici del centro-destra.
Diverso il percorso chiesto dall’opposizione.
In mattinata si capirà la piega reale (al di là cioè dei desideri di ciascuo degli schieramenti) che prendono gli avvenimenti.

Leggi anche:  La Lega pronta ad aprire le porte a Marco Rizzo, Borghi: "La pensiamo nella stessa maniera su tante cose..."

Decide la giunta per il regolamento

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si presenterà oggi stesso alla Camera per chiedere nuovamente la fiducia oppure sarà costretto a salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni dopo la confitta parlamentare di ieri su una legge importante come il rendiconto generale dello Stato?
La partita si gioca tutta, stamattina, alla giunta per il regolamento della Camera, che si riunisce alle 10.
In questo organismo l’opposizione ha la maggioranza.
L’opposizione, che chiede le dimissioni di Berlusconi, si appella all’articolo 81 della Costituzione, per invocare la crisi del rapporto di fiducia tra l’esecutivo e il Parlamento.
Berlusconi, dopo il vertice notturno a Palazzo Grazioli, mostra sicurezza: “Nessuno ci manderà a casa”, dice.

Implosione del governo

La battaglia procedurale sarà lunga e complicata. Esistono solo due precedenti analoghi nella storia parlamentare italiana (Goria e un governo Andreotti) e in entrambi i casi il governo fu costretto a rassegnare le dimissioni.
Per Berlusconi una crisi di governo sarebbe, invece, da irresponsabili. La verità è che da mesi ormai la maggioranza di centro-destra va alla deriva, anche se Bossi insiste a dire che si tratta solo di un “incidente” di percorso.
Il Corriere della Sera oggi in edicola parla, invece, di “implosione del governo”. E fotografa bene la situazione.

Berlusconi vuole tornare a chiedere la fiducia

Silvio Berlusconi torna in Parlamento per chiedere la fiducia al suo governo ieri battito alla Camera, grazie a 28 assenze e al non voto di personaggi importanti del centrodestra: i ministro Bossi e Tremonti e l’ex ministro Scajola, assieme ai cosiddetti Responsabili, che hanno contribuito a far bocciare l’articolo 1 della legge di assestamento di bilancio.
I vertici del Pdl si sono riuniti con Berlusconi, ieri sera, a Palazzo Grazioli e hanno deciso che il presidente del Consiglio tornerà in Parlamento per chiedere la fiducia.
Il tutto molto in fretta, per evitare che la maggioranza vada definitivamente alla deriva.
Quindi l’appuntamento è per oggi o, più probabilmente per domani, giovedì.
Secondo Bossi la bocciatura di ieri è stata “un incidente”, ma invece le crepe sono sempre pià evidenti per un esecutivo che era uscito dalle elezioni con una fortissima maggioranza parlamentare.
L’annuncio della fiducia è arrivato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti.

Leggi anche:  Regionali: in Emilia-Romagna la sinistra sfonda mentre in Umbria c'è un testa a testa

Maggioranza allo sbando

La maggioranza è in fibrillazione. Il governo è stato battuto questo pomeriggio in Aula alla Camera sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2010. I deputati hanno bocciato l’articolo 1 del testo con 290 a favore e 290 contro (per passare erano necessari 291 voti). Quindi per un solo voto di scarto.
Non era mai successo, in passato, che la maggioranza andasse sotto con il premier presente in Aula.
E proprio la presenza del capo del governo al momento della pesante sconfitta ha scatenato il parapiglia a Montecitorio, e il presidente del Consiglio è stato quindi “salutato” dal grido “dimissioni-dimissioni” che si è levato dai banchi dell’opposizione.

Non votano Tremonti, Scajola e Bossi

A determinare la batosta del governo è stata l’assenza di 19 deputati del Pdl, a partire da Claudio Scajola, che poco prima aveva commentata l’incontro con Berlusconi “una chiacchierata tra amici”.
A questi si sono aggiunti sette parlamentari di Popolo e territorio (gli ex Reponsabili), incluso Domenico Scilipoti, e i 4 del gruppo misto, compresi Miccichè e Ronchi. Alla votazione non ha partecipato nemmeno Umberto Bossi, che stava rientrando in assemblea dal cortile di montecitorio dove è stato intrattenuto da alcuni giornalisti. La gravità dell’assenza di Bossi è stata subito sottolineata dalla sua portavoce, che ha accusato i cronisti di aver trattenuto il ministro proprio mentre c’era un voto così importante.
Il leader della Lega Nord ha poi fatto sapere che questa sera non parteciperà al vertice tra Berlusconi e Tremonti.

Faccia a faccia Berlusconi-Tremonti

Tremonti era però assente anche alle votazioni precedenti, due provvedimenti basilari per il suo dicastero, apprivati con soli due voti di scarto.
L’assenza del ministro ha fatto inferocire i parlamentari della maggioranza e Tremonti, subito dopo la bocciatura dell’articolo 1, è stato convocato da Berlusconi per un faccia a faccia.
Nella sala del governo, dove è in corso l’incontro tra il premier e il ministro dell’Economia, sono entrati altri ministri e parlamentari, tra i quali il ministro dell’Agricoltura, Saverio Romano, quello per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, la responsabile del dicastero per il Turismo, Michela Brambilla, il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto e quello di Popolo e territorio, Silvano Moffa. All’incontro sono presenti anche Denis Verdini, coordinatore del Pdl, e Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera.

Leggi anche:  La vita di Puccini attraverso i francobolli in mostra al Teatro del Giglio

Lo “spintone” tra il premier e il ministro

Registrata la bocciatura del governo, il presidente del Consiglio era allibito, quasi incredulo, ed è rimasto fermo, senza parlare con i ministri Fitto e Prestigiacomo.
Poi, mentre dai banchi dell’opposizione si urlava chiedendo le dimissioni, si è alzato e senza salutare nessuno di è diretto velocemente verso l’uscita dell’Aula.
Sul suo percorso c’era Giulio Tremonti che il premier non ha degnato di uno sguardo: lo ha spostato, con un gesto che è parso di stizza (guarda qui il foto racconto di Tgcom), per poi uscire dall’Emiciclo scuotendo dei fogli che reggeva in mano.
Al voto sull’assestamento di bilancio Tremonti non ha partecipato, rimasto all’ingresso dell’Aula.

Il Pdl: “ora bisogna verificare la fiducia in Parlamento”

Il Pdl, ora, chiede al premier di procedere con la fiducia.
“Io credo che il governo debba rendersi disponibile a un confronto politico e a verificare se abbia o meno la fiducia in Parlamento”, ha detto il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto.
E il ministro La Russa gli fa eco, sostenendo che dalla bocciautra della Camera “non possono derivare le dimissioni chieste dall’opposizione”, anche perchè le assenze erano “occasionali”, ma aggiunge anche: “Credo sia corretto dimostrare subito con un voto di fiducia se il governo c’è o non c’è”.

Bersani: “Berlusconi vada a dimettersi al Quirinale”

“Un governo bocciato sul consuntivo non può fare l’assestamento di bilancio e senza assestamento il governo non c’è più. Mi aspetto che Berlusconi ora si convinca ad andare al Quirinale”. È la richiesta avanzata da Pier Luigi Bersani subito dopo che il governo è stato battuto in Aula.

Fini: “Evidenti implicazioni politiche”

Per il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il voto con cui la Camera ha bocciato l’articolo 1 del rendiconto di bilancio ha “evidenti implicazioni politiche”. La bocciatura dell’articolo 1 “è un fatto che non ha precedenti”, ha poi commentato Fini nel corso della Conferenza dei capigruppo convocando domani mattina alle 10 la Giunta per il regolamento per “chiarire se, dopo la bocciatura dell’articolo 1, può sopravvivere tutto l’articolato”.

Native

Articoli correlati