Le norme introdotte dal cosiddetto pacchetto sicurezza da parte del governo italiano sono illegittime. Così le giudica la Corte europea di giustizia, che boccia senza mezzi termini le sentenze di reclusione per i cittadini stranieri che non ottemperano al decreto di espulsione. Per la Ue infatti gli stati membri non possono porre in atto una legislazione diversa da quella che è stata decisa in sede europea. A rischio, secondo la Corte, sono i diritti della persona e i il principio di eguaglianza di fronte alla legge. Dall’opposizione duro commento di Antonio Di Pietro dell’Idv: «Siamo all vigilia di uno stato fascista».
Scrive la Corte di Giustizia della Ue: «Gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo, una pena detentiva, come quella prevista dalla normativa nazionale in discussione, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare su detto territorio».
Dall’Europa arriva dunque uno schiaffone alle politiche italiane sull’immigrazione ”clandestina” e una sonora bocciatura delle norme introdotte, nel 2009, con il pacchetto sicurezza. La sentenza della Corte nasce dalla necessità di garantire che la legislazione Ue sia interpretata e applicata in modo uguale per tutti i componenti dell’Unione soprattutto riguardo i principi di legge.
Un concetto ribadito chiaramente quando si dice che la reclusione non è valida per «il cittadino di un paese terzo in soggiorno irregolare che non si sia conformato a un ordine di lasciare il territorio nazionale». Questo infatti inficia direttamente i diritti fondamentali delle persone. Ora ai giudici delle Corti italiane spetta il compito, difficile, di disapplicare tutti i provvedimenti del pacchetto sicurezza. A partire dal caso di Hassen El Dridi, un cittadino algerino che nel 2010 fu condannato ad un anno di prigione dal tribunale di Trento. La sentenza venne impugnata e da qui inizio la procedura per capire se la legge italiana era in contrasto con quella europea.
La Corte di Giustizia Ue ha specificato bene quali debbono essere i passaggi ineludibili nei casi di manacto rispetto di un decreto di espulsione. Innanzitutto una partenza volontaria in al massimo 30 giorni, se questo non avviene si passa ad un allontanamento con misure « meno coercitive possibili». L’arresto è consentito solo solo se «l’allontanamento rischi di essere compromesso dal comportamento dell’interessato». Importante è anche la durata del fermo che può essere di non più di 18 mesi (la legge italiana prevede una reclusione da uno a 4 anni) e i cittadini soggetti da tale provvedimento non possono essere collocati insieme ai detenuti comuni.
La polemica politica è scattata immediata. Per Antonio Di Pietro «è’ ormai provato che siamo di fronte a una dittatura strisciante in cui vengono presi provvedimenti contro la Carta dei diritti dell’uomo, si dichiara guerra senza passare per il Parlamento e si occupano le istituzioni per fini personali. E’ gravissimo che questa maggioranza, asservita al padrone, continui a fare leggi incostituzionali e contro i diritti fondamentali delle persone. Siamo alla vigilia di un nuovo Stato fascista che va fermato».
Di figuraccia e schiaffo parla il Pd che affida il commento al presidente del Partito Rosy Bindi: «Sull’immigrazione le figuracce del governo italiano non finiscono mai. La Corte di Giustizia europea mette a nudo le violazioni dei diritti umani, l’approssimazione e i ritardi di norme approvate solo per fare propaganda, dimostrando un’efficacia che alla prova dei fatti pari a zero. Del resto, cosa aspettarsi da un governo prigioniero delle parole d’ordine della Lega e incapace di affrontare con serietà e giustizia il fenomeno globale e inedito dell’immigrazione».