Una noma da repubblica delle banane, che porterebbe l’Italia più sulla scia dei ‘caudillos’ che dell’Europa di Altiero Spinelli.
Il ministero della Giustizia sta lavorando a una norma pensata per evitare che le forze dell’ordine vengano iscritte nel registro degli indagati come atto dovuto per presunti reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni. Fonti governative precisano che non si tratterebbe di una “scriminante” o di una causa di non punibilità, né si interverrebbe sul diritto sostanziale, ma esclusivamente sul codice di procedura penale. L’obiettivo è “immaginare forme di non immediata iscrizione nel registro degli indagati quando è evidente che l’appartenente alle forze dell’ordine ha usato l’arma di ordinanza nell’esercizio delle sue funzioni”. La misura, che si prevede complessa da definire, non verrà inserita nel ddl Sicurezza.
La proposta di legge trova il principale sostenitore nel presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che, nei giorni scorsi, aveva commentato il caso del maresciallo Luciano Masini, protagonista di un intervento in cui ha sparato e ucciso un uomo che aveva accoltellato quattro persone nel Riminese. “Masini ha fatto il suo lavoro. Ci dobbiamo porre il problema delle forze dell’ordine che temono di fare correttamente il proprio lavoro perché rischiano di trovarsi coinvolti in un calvario giudiziario. Faremo un approfondimento delle norme”, aveva dichiarato Meloni in conferenza stampa all’inizio dell’anno.
In primo piano anche il caso di Ramy Elgaml, il giovane morto dopo essere stato inseguito dai carabinieri a Milano. Anche in questo caso il militare alla guida dell’auto è stato indagato, insieme a due colleghi. Le manifestazioni in ricordo del giovane, tenutesi a Torino, Roma e Bologna, si sono trasformate in violenti attacchi alle forze dell’ordine. “Stiamo riflettendo sull’ipotesi di introdurre la possibilità di svolgere accertamenti preliminari, come esami balistici o perizie di vario tipo, senza necessariamente iscrivere nel registro degli indagati chi ha compiuto un uso legittimo delle armi, come previsto dall’art. 53 del Codice Penale. Per evitare che poi l’iscrizione si traduca in un calvario giudiziario”, ha confermato Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.
L’idea di uno “scudo penale” ha suscitato però non poche polemiche. Per l’Associazione Vittime della Strada (AVS) si tratta di una proposta “inquietante” e di “un ulteriore salto verso quell’abisso antidemocratico”. Il Movimento 5 Stelle la considera una “corsia privilegiata” o una “attenuazione del controllo giudiziario sulle responsabilità individuali”. Per +Europa, più che uno scudo, è necessaria “fiducia nella legalità e fiducia nelle forze dell’ordine”. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha definito “l’idea di scudo penale davvero inaccettabile”.
Al contrario, la proposta incontra il favore della Lega, che considera “tutto quello che è a tutela delle forze dell’ordine merita appoggio e ha, ovviamente, la nostra approvazione”, come ha dichiarato il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. Le sue parole sono arrivate a margine della presentazione della proposta di legge per un patrocinio gratuito per le vittime del lavoro e per i membri delle forze dell’ordine indagati per atti compiuti durante il servizio. La proposta di scudo penale, ha spiegato Molinari, “non va in contraddizione con quanto stiamo chiedendo oggi noi”.