In memoria di Irma Bandiera, partigiana medaglia d'oro al valor militare trucidata dai fascisti

Irma Bandiera, nome di battaglia "Mimma", era nata l'8 aprile 1915 a Bologna, in una famiglia benestante. Suo padre, Angelo, era capomastro edile e aveva manifestato sentimenti antifascisti durante la dittatura

In memoria di Irma Bandiera, partigiana medaglia d'oro al valor militare trucidata dai fascisti
Irma Bandiera
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14 Agosto 2024 - 12.55


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Irma Bandiera, nome di battaglia “Mimma”, era nata l’8 aprile 1915 a Bologna, in una famiglia benestante. Suo padre, Angelo, era capomastro edile e aveva manifestato sentimenti antifascisti durante la dittatura, mentre sua madre, Argentina Manferrari, si dedicava alla cura della famiglia, che comprendeva anche la sorella Nastia. Irma era una giovane donna di notevole bellezza e sempre molto curata nell’aspetto. Nella sua vita c’era un fidanzato, Federico, un militare di stanza a Creta.

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Dopo l’8 settembre 1943, Federico fu catturato e fatto prigioniero. Durante il trasferimento verso la Germania, la nave su cui era imbarcato venne bombardata e affondata al Pireo. Federico fu dichiarato disperso e, nonostante gli sforzi della famiglia e di Irma, anche attraverso il Vaticano, non si riuscì a trovare traccia di lui.

Nel caos seguito all’Armistizio, con il dissolversi delle Forze Armate e l’abbandono della monarchia, Irma iniziò a dedicarsi all’assistenza dei soldati sbandati e si avvicinò sempre più alla politica, aderendo infine al Partito Comunista. Entrò rapidamente nel movimento di Resistenza, adottando il nome di battaglia “Mimma”. Qui incontrò Dino Cipollani, uno studente di Medicina originario di Argelato, noto nella Resistenza come “Marco”, durante le sue frequenti visite ai parenti a Funo.

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Nell’agosto del 1944, il Movimento di Liberazione era particolarmente attivo nella bassa bolognese. Il 5 agosto, i partigiani uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere, scatenando una violenta rappresaglia a Funo la notte successiva. Tre partigiani furono arrestati e portati alle scuole di San Giorgio di Piano. La sera del 7 agosto, anche Irma fu arrestata mentre si trovava a casa dello zio, insieme ad altri due, e condotta nelle stesse scuole, ma isolata dagli altri prigionieri. Successivamente, fu trasferita a Bologna, dove i fascisti, che probabilmente avevano già informazioni su di lei, cercarono di estorcerle altre notizie.

I familiari la cercarono disperatamente, prima alle Caserme Rosse di via Corticella, il centro di smistamento per i deportati, e poi, con la speranza che fosse tra i detenuti liberati dall’audace azione dei gappisti nel carcere di San Giovanni in Monte il 9 agosto. La madre e la sorella continuarono a cercarla in Questura e al comando tedesco di via Santa Chiara 6/3, ma senza successo. Irma resistette alle torture inflitte dai fascisti senza mai rivelare alcun segreto, proteggendo così molti dei suoi compagni.

Il mattino del 14 agosto, una persona informò i suoi familiari che il corpo senza vita di Irma giaceva vicino allo stabilimento della ICO, una fabbrica di materiale sanitario. I suoi carnefici l’avevano lasciata esposta per un’intera giornata, come un crudele avvertimento. Successivamente, il suo corpo fu portato all’Istituto di Medicina Legale di via Irnerio, dove un custode, simpatizzante della Resistenza, scattò delle foto del suo viso devastato dalle torture. Irma fu poi sepolta alla Certosa, accompagnata dai familiari e da poche amiche.

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Il 4 settembre 1944, la federazione bolognese del PCI pubblicò un volantino clandestino in cui si esaltava il sacrificio patriottico di Irma e si incitavano i bolognesi a intensificare la lotta contro i nazifascisti. A lei fu intitolata una brigata SAP (Squadra di Azione Patriottica) operante nella periferia nord di Bologna e un GDD (Gruppo di Difesa della Donna). Riconosciuta partigiana alla fine della guerra, Irma Bandiera fu decorata con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, insieme ad altre 18 partigiane in Italia. È sepolta nel Monumento Ossario ai Caduti Partigiani della Certosa di Bologna ed è ricordata nel Sacrario di Piazza Nettuno e nel Monumento alle Cadute partigiane a Villa Spada.

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