Una strage fascista con mandanti piduisti. Obiettivo: assaltare la democrazia italiana. Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, gli ex Nar condannati all’ergastolo in via definitiva tra la fine degli anni ’90 e il 2007. Poi Gilberto Cavallini, il `quarto uomo del gruppo´ per il quale manca solo la Cassazione. Ora Paolo Bellini, l’ex Primula nera di Avanguardia Nazionale, il ladro di opere d’arte e killer di `Ndrangheta legato ad Antonino Gioè e indagato per le stragi del ’93 e l’attentato di Capaci.
Con la conferma dell’ergastolo stabilito dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna all’ex terrorista reggiano, i nuovi processi sulla strage del 2 agosto 1980 hanno ridisegnato il contesto e fatto nuova luce sui responsabili di quell’attentato. Che non furono solo i Nar, ma tutti i movimenti della destra estremista dell’epoca, cementati da fiumi di denaro sottratti dalla P2 di Licio Gelli al banco Ambosiano di Calvi, con la copertura dei servizi deviati. L’impostazione di cui fin dall’inizio è stata certa la Procura generale, che nel 2017 avocò le indagini sui cosiddetti `mandanti´.
I mandanti, finanziatori e organizzatori, oltre al `Venerabile´, anche il potente capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, l’imprenditore Umberto Ortolani e il giornalista Mario Tedeschi, tutti morti e non più imputabili, ma ritenuti anche loro responsabili di quella strage, che fece 85 morti e oltre 200 feriti, l’apice della cosiddetta strategia della tensione.
Per la Corte, quindi, Bellini – che si definì lui stesso un «assassino» ma per quanto riguarda le accuse sulla strage arrivò a paragonarsi a «Sacco e Vanzetti» – contribuì anche lui a compiere la strage, e a nulla è servito infine il suo ultimo tentativo di difendersi, ancora una volta rilasciando dichiarazioni spontanee, per quasi tre ore, prima che la Corte si ritirasse in camera di consiglio.
Ora sarà interessante leggere le motivazioni, per sapere quanto la visione dei giudici d’Appello sia vicina a quella dei giudici di primo grado, che spiegarono la scelta dell’ergastolo di Bellini partendo dalla «prova granitica» della presenza in stazione dell’ex Avanguardia nazionale, grazie al video amatoriale (il filmato Poltzer) che ritrae un uomo con le sue fattezze e che per l’ex moglie di Bellini, che cambiando la sua versione ha demolito l’alibi dell’allora consorte, è senz’altro «Paolo». Maurizia Bonini, cambiando la sua versione dopo quarant’anni e affermando che la mattina del 2 agosto Bellini arrivò a Rimini non alle 9, ma molto più tardi, verso l’ora di pranzo, è stata l’ «arma» più convincente contro l’ex consorte.
Oltre alla conferma della condanna all’ergastolo per Paolo Bellini, la Corte di Assise di Appello di Bologna ha ribadito la colpevolezza anche degli altri due imputati. Si tratta dell’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, accusato di depistaggio, e condannato nuovamente a sei anni e di Domenicho Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini, condannato a quattro anni.
Per le vittime, «questi sono i fatti, sappiamo chi sono stati i mandanti, sappiamo chi è stato. Cercheremo di non fermarci qui», ha detto la vicepresidente dell’associazione Anna Pizzirani. Per il presidente Paolo Bolognesi, questi processi hanno chiarito «la chiave di lettura della strategia della tensione, che va dalla loggia P2 ai vertici dei nostri servizi segreti e arriva ai terroristi fascisti»