Una storia a metà tra burocrazia e disinteresse per la disperazione altrui. A Roma un migrante, richiedente asilo, è stato respinto per otto volte dalla questura finché non è dovuto intervenire il Tribunale affinché gli venisse dato un appuntamento.
La storia è stata denunciata dall’associazione “A buon diritto”. Dopo aver passato otto notti a dormire davanti alla struttura per non perdere la precedenza, il cittadino gambiano, arrivato in Italia nel 2021, è stato sistematicamente rimandato dall’Ufficio Immigrazione al giorno successivo perché era stato raggiunto “il limite di richieste giornaliero”. Un fatto increscioso, ha osservato l’associazione, che si è presa in carico la vicenda a livello legale poiché “i diritti umani non sono una concessione. Non smetteremo di ricordarlo a chi fa finta di non saperlo o se lo dimentica”.
La denuncia dell’associazione “A buon diritto” – La vicenda di Roma e del migrante a cui è stato calpestato per otto volte il diritto di richiedere asilo è stata denunciata sulle pagine Facebook dell’associazione “A buon diritto”, che è dal 2021 che conosce la situazione del gambiano. Il racconto inizia con una domanda retorica dal retrogusto amaro. “E’ possibile aspettare otto notti fuori dalla questura per chiedere asilo? A Roma purtroppo sì. È quello che è successo ad A., arrivato in Italia dal Gambia. A. si è rivolto al nostro sportello legale nel 2021 per presentare domanda d’asilo, ma è stata un’impresa quasi impossibile – spiega l’associazione -. A. è stato rimandato indietro dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma non una, non due, ma per ben otto volte. Ha dovuto fare la fila dalla sera prima e dormire fuori dalla Questura per provare ad accedere all’Ufficio. Ogni volta gli è stato risposto di tornare il giorno successivo perché era stato raggiunto il limite di richieste giornaliero. E come a lui a tante altre persone”.
Diritti calpestati – “A nulla è servito accompagnarlo, né provare a fissare un appuntamento, né diffidare la Questura a ricorrere in giudizio: tutto è rimasto senza risposta. – viene contestato -. In Italia per una persona straniera è praticamente impossibile vivere senza un permesso di soggiorno: rischi di essere espulso, non puoi avere accesso a un’abitazione o all’accoglienza, non puoi avere un contratto di lavoro regolare né accedere pienamente ai servizi sanitari. E infatti A. ha perso diverse occasioni di lavoro come giardiniere ed è stato costretto a vivere per strada”.
Il primo ricorso in Tribunale – Per questo con una delle nostre avvocate abbiamo deciso di presentare un ricorso d’urgenza al Tribunale di Roma. Il ricorso è stato respinto perché secondo il giudice A. non era in una situazione di pericolo grave. Ma non ci siamo dati per vinti e abbiamo presentato un reclamo contro il provvedimento di rigetto”.
Accolto il reclamo – “Ora il reclamo è stato accolto: il Tribunale di Roma ci ha dato ragione e ha ordinato alla Questura di fissare ad A. un appuntamento per presentare la domanda di asilo – viene spiegato -. La cosa più importante sono le motivazioni con cui il giudice ha spiegato la sua decisione. Il Tribunale ha affermato che ad A. è stato negato un diritto assoluto, quello di presentare domanda d’asilo. Un diritto garantito anche dalla nostra Costituzione (art. 10). Non solo. Il Tribunale ha ribadito che l’Amministrazione deve rispettare i diritti fondamentali e deve quindi garantire un facile accesso alla procedura d’asilo. Ha evidenziato che formalizzare solo un numero limitato di domande al giorno in un unico ufficio, senza nessun sistema di prenotazione, viola i diritti fondamentali dei richiedenti asilo ‘costretti per intere notti innanzi ai cancelli della Questura’”.
Lesa la dignità umana – “E che questa violazione espone le persone a una situazione lesiva della dignità umana, le priva della possibilità di procurarsi mezzi di sussistenza, di accedere al sistema di accoglienza e le espone al rischio di vivere per strada. Il Tribunale ha infine sottolineato che questa violazione è ancora più grave considerata la vulnerabilità del ricorrente. A. infatti è stato vittima di tortura in Libia, è affetto da un conseguente disturbo post traumatico da stress e necessiterebbe di una presa in carico terapeutica. La mancanza di un regolare permesso di soggiorno ha un effetto ‘ritraumatizzante’ che aggrava il suo stato psichico”.
Soddisfatti ma resta l’amarezza – “Siamo soddisfatte e soddisfatti di questa pronuncia, e ci auguriamo che possa portare a un totale cambiamento delle modalità di accesso alla domanda di asilo a Roma. Le persone straniere non possono vedere sistematicamente violati i propri diritti e le autorità che lo fanno non possono rimanere impunite – aggiunge l’associazione -. Resta l’amarezza che tutto ciò sia stato possibile solo con un enorme dispiego di energie e di tempo, soprattutto per la persona coinvolta. Che per un A. che ce l’ha fatta troppi altri ancora non ci sono riusciti e non è detto che ci riusciranno. E fa arrabbiare che solo incontrando associazioni, avvocati, sportelli e solo dopo lunghe trafile giudiziarie le persone possano vedersi riconoscere diritti che spettano loro, appunto, per diritto”.
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