Il suk del Quirinale e i migranti morti di freddo in mare: la farsa della politica, la tragedia dei senza diritti
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Il suk del Quirinale e i migranti morti di freddo in mare: la farsa della politica, la tragedia dei senza diritti

Impegnati  nel Risiko quirinalizio, i Grandi elettori hanno avuto il tempo, quelli che l’hanno fatto, di guardare distrattamente sui loro tablet la notizia della tragedia consumatesi nel Mediterraneo.

Il suk del Quirinale e i migranti morti di freddo in mare: la farsa della politica, la tragedia dei senza diritti
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Gennaio 2022 - 14.18


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Mentre nell’ovattata Aula di Montecitorio andava in scena la tragicommedia delle schede bianche, in un barcone approdato  a Lampedusa si contavano i cadaveri di persone morte di freddo nell’ennesima strage del mare.

Commedia e apocalisse

Impegnati  nel Risiko quirinalizio, i Grandi elettori hanno avuto il tempo, quelli che l’hanno fatto, di guardare distrattamente sui loro tablet la notizia della tragedia consumatesi nel Mediterraneo.

La notizia: un barcone è approdato la notte scorsa a Lampedusa. A bordo c’erano 280 migranti: sette di loro sono morti,  probabilmente per il freddo. 

Sono stati soccorsi dai militari della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto. Tre persone a bordo della barca erano già morte, gli altri quattro erano in condizioni disperate e non ce l’hanno fatta. Si sono spenti prima di arrivare a terra. Il barcone era stato avvistato a circa 24 miglia dalla costa di Lampedusa quando è scattato il soccorso. I migranti arrivano dal Bangladesh e dall’Egitto. 

“Ancora una tragedia, ancora una volta piangiamo vittime innocenti – dice il sindaco di Lampedusa e Linosa Totò Martello – qui continuiamo a fare la nostra parte tra mille difficoltà, nonostante il governo italiano e l’Europa sembrano avere dimenticato Lampedusa ed i lampedusani. Ma non possiamo andare avanti da soli ancora per molto”.

E ancora: “Come è possibile che l’Europa e L’Italia non prendano in considerazione che c’è un problema e che questo deve essere risolto. Come fanno a girarsi dall’altra parte davanti a tanti cadaveri e a tanti morti nel Mediterraneo e di fronte a un’isola che continua a chiedere aiuto e non ottiene nessuna risposta dalle istituzioni…”. 

Con i 280 arrivi di questa notte salgono a 645 gli ospiti dell’hot spot di Contrada Imbriacola a Lampedusa. Una situazione critica visti i 250 posti disponibili. Per allentare la pressione i primi cento migranti saranno trasferiti nel pomeriggio a Porto Empedocle con un traghetto di linea. Altri cento sono stati trasferiti questa mattina nella nave quarantena ancorata nell’isola.

Su questo sbarco e su questa ennesima tragedia in mare, la Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo, al momento a carico di ignoti. Ma se i magistrati dovessero identificare gli scafisti o gli organizzatori del viaggio verrà contestato a loro “come conseguenza di altro reato”.

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Predicare nel deserto

“Quanto dolore nel vedere fratelli e sorelle morti in mare perché non li lasciano sbarcare, e qualcuno lo fa ‘nel nome di Dio’”: così  Papa Francesco parlando dei migranti nel corso della Messa per la terza Giornata della Parola.

Durante l’omelia, il Pontefice ha sottolineato l’importanza di prendersi cura del prossimo. “Gesù, all’inizio della sua missione, annuncia una scelta precisa: è venuto per la liberazione dei poveri e degli oppressi. Così, proprio attraverso le Scritture, ci svela il volto di Dio come di Colui che si prende cura della nostra povertà ed ha a cuore il nostro destino”.

Neanche ventiquattr’ore dopo, la notizia della nuova strage di innocenti.

La denuncia

Rupert Colville, portavoce dell’United Nations Office High Commissioner for Human Rights (Ohchr): “Siamo profondamente preoccupati per una serie continua di espulsioni forzate di richiedenti asilo e altri migranti in Libia, inclusi due grandi gruppi di sudanesi nell’ultimo mese, con un altro gruppo di 24 eritrei apparentemente a rischio imminente di trattamento simile”..

Secondo le informazioni provenienti dal team dell’Ohchr in Libia, il 6 dicembre un gruppo di 18 sudanesi è stato espulso senza un giusto processo dopo essere stato trasferito dal centro di detenzione di Ganfouda a Bengasi al centro di detenzione di al-Kufra nel sud-est della Libia.  Si tratta di persone fuggite da un paese nel quale recentemente c’è stato il secondo colpo di stato militare in pochi anni e il governo ad interim libico – appoggiato, finanziato e armato anche dall’Italia – ha grosse responsabilità, visto che come denuncia Colville, “Entrambi i centri sono sotto il controllo del Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale (Dcim) del ministero dell’interno». A quanto pare, i richiedenti asilo sudanesi sono stati trasportati attraverso il deserto del Sahara fino alla zona di confine tra Libia e Sudan scaricati lì senza nessuna assistenza.

L’Ohchr ricorda che “Un mese prima, il 5 novembre, un altro gruppo di 19 sudanesi era stato deportato in Sudan, sempre da Ganfouda attraverso il centro di detenzione di al-Kufra. Negli ultimi mesi, anche altri migranti provenienti da Sudan, Eritrea, Somalia e Ciad, compresi bambini e donne incinte, sono stati arrestati e sono già stati espulsi o potrebbero esserlo in qualsiasi momento. Tali espulsioni di richiedenti asilo e altri migranti in cerca di sicurezza e dignità in Libia senza il giusto processo e le garanzie procedurali necessarie, violano il divieto di espulsioni collettive e il principio di non respingimentoai sensi del diritto internazionale dei diritti umani e dei rifugiati”.

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Per esempio, lo staff Ohchr in Libia evidenzia che i sudanesi espulsi una settimana fa “Sono stati arrestati, detenuti ed espulsi arbitrariamente senza che fosse stata loro offerta una valutazione individuale delle loro circostanze e dei loro bisogni di protezione, come il rischio di persecuzione, tortura e maltrattamenti o altri danni irreparabili nel loro Paese d’origine. Non hanno avuto accesso all’assistenza legale e non hanno potuto contestare la legittimità del provvedimento di espulsione. Inoltre, durante il periodo di detenzione non hanno avuto accesso alle pertinenti organizzazioni delle Nazioni Unite, incluso l’Human Rights Service il Servizio per i diritti umani dell’United Nations Support Mission in Libya (Unsmil)”..

Quello che preoccupa di più ora è la sorte di un gruppo di 24 eritrei che erano detenuti nello stesso centro di detenzione di Ganfouda e che si ritiene siano  a rischio di imminente espulsione. Colville  ha sottolineato che «Il 3 dicembre, siamo stati informati che, in uno schema che rispecchiava l’esperienza dei sudanesi espulsi, erano stati trasferiti al centro di detenzione di al-Kufra in preparazione della loro espulsione».

Il 25 novembre l’Ohchr ha pubblicato il rapporto  “Unsafe and Undignified: The forced expulsion of migrants from Libya” nel quale evidenziava che «I richiedenti asilo e altri migranti in Libia sono abitualmente a rischio di espulsione arbitraria o collettiva dalle frontiere terrestri esterne della Libia in un maniera che non rispetta il divieto di espulsione collettiva e il principio di non respingimento» e Colville fa notare che “Inoltre, il rapporto documenta come «le espulsioni dalla Libia pongano spesso i migranti in situazioni estremamente vulnerabili, compresi lunghi e pericolosi viaggi di ritorno su veicoli sovraffollati attraverso tratti remoti del deserto del Sahara, uno dei deserti più aspri del mondo, senza adeguati dispositivi di sicurezza, cibo, acqua e cure mediche”.

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Quanto alla narrazione fallace della Libia porto sicuro, il portavoce dell’Ohchr lla liquida così: Le persone espulse sono già sopravvissute a una serie di altre gravi violazioni e abusi dei diritti umani in Libia per mano di attori sia statali che non statali, tra cui detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, tratta, violenza sessuale, tortura e maltrattamenti. Chiediamo alle autorità di proteggere i diritti di tutti i migranti in Libia, indipendentemente dal loro status, di indagare su tutte le denunce di violazioni e abusi e di consegnare i colpevoli alla giustizia con processi equi. E chiediamo alla Libia di agire con urgenza per adempiere ai suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale sui diritti umani, compreso il principio di non respingimento e il divieto di espulsioni collettive”.

Altrettanto duro è il giudizio sui finanziamenti dell’Italia alla cosiddetta Guardia costiera libica:  “Esortiamo inoltre la comunità internazionale a garantire la due diligence  nella fornitura di supporto operativo, finanziario e di sviluppo delle capacità al governo libico nelle aree della migrazione e della gestione delle frontiere, per garantire che questi sforzi non pregiudichino i diritti umani”.

Colville conclude così: “L’Ohchr chiede alle autorità di proteggere i diritti di tutti i migranti in Libia, indipendentemente dal loro status, di indagare su tutte le denunce di violazioni e abusi e di consegnare i colpevoli alla giustizia con processi equi. L’ufficio sta inoltre esortando lacomunità internazionale a sostenere il governo libico nelle aree della migrazione e della gestione delle frontiere, per garantire che questi sforzi non pregiudichino i diritti umani”.

La risposta è in quei disperati morti di freddo.

Il Libro nero dei respingimenti

Il Border Violence Monitoring Network (Bvmn), in collaborazione con il Parlamento europeo (nello specifico con il gruppo Gue/Ngl), ha pubblicato, in due volumi, per un totale di 1500 pagine, il Libro nero dei respingimenti
Si tratta di una raccolta di 892 testimonianze che descrivono nel 

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