Pozzallo dimostra che le parole accoglienza e solidarietà hanno ancora posto nel nostro vocabolario
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Pozzallo dimostra che le parole accoglienza e solidarietà hanno ancora posto nel nostro vocabolario

Sbarcano dalla Ocean Viking non clandestini, come insiste a chiamarli chi vive all'ombra di Salvini, ma uomini, donne, bambini ed anche neonati che nel Mediterraneo rischiavano di morire.

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Onofrio Dispenza Modifica articolo

7 Agosto 2021 - 18.45


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A toccare terra a Pozzallo saranno in 549. Tra loro 36 donne e ben 118 minori, in gran parte non accompagnati. L’Ocean Viking che ha avuto l’ok per puntare verso Pozzallo li ha salvati in ben sei diverse operazioni nel Mediterraneo centrale. Non clandestini, come insiste a chiamarli chi vive all’ombra di Salvini, ma uomini, donne, bambini ed anche neonati che nel Mediterraneo rischiavano di morire. Come tanti altri, come quelli senza vita, avvolti in un sudario bianco, fotografati non più tardi di ieri sulla spiaggia del Marocco, lungo un’altra rotta della epocale fuga dalla fame, dalla povertà e dalla violenza.

Pozzallo li aspetta, la macchina organizzativa per accoglierli è complessa, soprattutto in questo tempo segnato dalla pandemia. Controlli veri, seri, approfonditi, non quelli bypassati con furbizia di bassa lega in questo quell’altro locale delle nostre estati. Accoglienza e solidarietà per fortuna sono parole che continuano a far parte del vocabolario italiano, nonostante il blaterare di uomini che stanno nel governo di questo Paese e gli remano contro sognando di usare quei remi per pestare le mani di quanti si aggrappano, disperati, alla barca d’Europa. “L’Italia ancora una volta sta dando una grande lezione di umanità, dice il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatura, che domani mattina accoglierà l’Ocean Viking con il suo carico di umanità. Gli umani si incontrano e convivono.

Quello che impressiona sono i numeri. Nella Ocean Viking come nella Ocean Watch3. Qui, 257 naufraghi, 70 minori. Anche in questo caso in gran parte non accompagnati. Uomini, bambini e donne, alcune incinte, provenienti da ben 22 nazioni del Sud del mondo. Un flusso continuo sul quale poco vale ( forse anche per la più becera propaganda elettorale ) sparargli contro parole odio, diffidenza e falsità che tendono a criminalizzare l’arrivo. I controlli e le misure di sicurezza sanitaria messi in campo dal nostro Paese sono straordinari. Un onere importante al quale l’intera Europa fa fronte. Non va dimenticato. Ad Agrigento, dove mi trovo, la vista sul mare racconta di due navi quarantena fisse al largo di Porto Empedocle. Fanno la spola con Lampedusa. Tutelano la salute di chi arriva e la nostra.

Nel frattempo, al largo, non viste, le nave delle Ong, instancabili, che devono fare i conti anche con i libici, che  le minacciano con le armi che l’Italia ha dato loro. Le navi delle Ong per fortuna non si fermano, continuano a salvare più uomini, donne e bambini che possono. Non li fermano le parole laide di un sottosegretario leghista, non li fermano le minacce dei libici, non li fermano i cavilli della nostra burocrazia, le regole che si vorrebbero applicare alle loro navi come fossero da crociera e non da soccorso in mare. Regole che vorrebbero mettere un limite alle persone da salvare:”Quante persone avete a bordo?”, “Quelle giuste”, “Bravi!”. E le altre rimaste in mare? Che importa. Fra qualche tempo – scrive su Facebook l’amico Vittorio Alessandro, ammiraglio in congedo e conoscitore delle leggi del mare. “Sea Watch3 e Ocean Viking – ricorda Vittorio Alessandro – avrebbero potuto andare via per sostenere, vincenti, le ispezioni a terra…Fra qualche tempo qualcuno magari avrebbe pubblicato un video con i morti, uno di quelli che “Attenzione, potrebbe offendere la vostra sensibilità”. Invece li hanno salvati. Ora portateli a terra”.

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