Il virologo Massimo Clementi, ha commentato il percorso di riaperture annunciato dal governo, intervenendo nel dibattito fra esperti, segnato in questi giorni dalla dura posizione espressa per esempio dal direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, Andrea Crisanti, secondo cui riaprendo ora l’estate sarà a rischio.
“Io sono relativamente favorevole al fatto che ci si prenda un po’ di rischio, il rischio ragionato citato da Mario Draghi, e si comincino le riaperture. Un premier ha informazioni sul fatto che la tenuta sociale di un Paese passa anche per un certo grado di riaperture. Il problema è proprio questo”. Al di là del rischio epidemico da Covid, “qui si rischia altro da un punto di vista sociale”.
“In generale c’è tanta confusione – ha detto Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano e docente all’università Vita-Salute – Ci sono esperti pro chiusure che mantengono questa linea, esperti pro aperture determinati su questo binario ed esperti che, a seconda dell’intervista, si dicono favorevoli a chiudere o ad aprire e si lasciano una porta aperta per dire l’avevo detto. Ma, a mio avviso, queste riaperture sono state decise in maniera razionale: servivano alla tenuta sociale da un lato e, per quanto riguarda la scuola, alla tenuta psicologica e al ritorno alla vita normale dei ragazzi”.
Si può parlare di rischio ragionato? “Secondo me sì – ha continuato – perché andiamo verso una stagione in cui ci aspettiamo un calo” dei contagi da Sars-CoV-2.
“Magari ci sbagliamo tutti, ma ce lo aspettiamo. Ovviamente ci sarà una piccola risalita” dei numeri dell’epidemia di Covid “quando le riaperture, e soprattutto quelle scolastiche, entreranno al livello massimo. Ma poi non dovremmo assistere a un grande aumento in questa fase”, complice l’arrivo del caldo, il sole ‘nemico’ del virus e la vita all’aria aperta, ma anche la vaccinazione “se continuiamo come stiamo facendo a vaccinare rapidamente mettendo in sicurezza le fasce più a rischio”.
Riguardo al coprifuoco, “riconosco che il coprifuoco alle 22, se si vogliono aprire i ristoranti all’aperto la sera, è presto. Spostarlo avanti di un’ora? Se fossimo tutti cittadini modello, sì. Si potrebbe anche avere un allentamento della misura, ma ci vorrebbe fiducia. Fiducia che la gente non si assembri e non faccia quel che abbiamo visto nelle vie della movida in passato quando c’è stato un minimo di apertura. Fiducia che credo in questo momento non ci sia tantissimo” ha evidenziato Clementi.
Il tema del coprifuoco è sotto i riflettori in questi giorni in cui si pianificano le riaperture, c’è chi ne vorrebbe l’abolizione o almeno lo slittamento in avanti.
“Il coprifuoco alle 22, per le mie abitudini spartane, va anche bene ma riconosco che è presto”.
Del resto, il direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano e docente all’università Vita-Salute ha visto come comprensibili i timori sul rischio assembramenti, “vista l’esperienza passata. Ricordiamo tutti quelle immagini di folla” con l’allentamento delle restrizioni.
Quanto alla scuola, “andava riaperta, non ci sono dubbi su questo. Ho sentito amici psicologi che sono preoccupati per una ricaduta psicologica negativa sui ragazzi, di diversa entità a seconda dell’età”, legata al lungo periodo lontani dai banchi. “Quindi, queste riaperture sono state decise in maniera razionale.
Sui test salivari rapidi per un ritorno sicuro in aula, mi pare ottimistico quel 95% di sensibilità che viene citato.
Solo uno di questi test mi pare sia arrivato a quel livello, ma abbiamo visto tanti esiti diversi per gli altri. Non sono convinto sul fare affidamento su questo tipo di controllo” spiega il virologo.
“A mia informazione, il test antigenico salivare non ha ancora dato grandi evidenze di sensibilità – ha detto Clementi – Quindi io, al momento, farei quel che si è sempre fatto in passato: monitorare se ci sono casi usando i test molecolari”, i tamponi classici, “quando servono, con interventi mirati e non così a tappeto.
E tracciare i contagi, identificare gli infetti, isolare e mettere in quarantena quando serve. Poi c’è il grosso nodo dei trasporti e, sinceramente, non so se su questo si sia fatto qualcosa”.
La riapertura della scuola, però, “serviva per il ritorno alla vita normale dei ragazzi. Il modello ideale, se non c’è un problema grave a livello di pandemia, è ovviamente quello di una scuola aperta sempre.
Ma – ha ammesso Clementi – non si poteva fare diversamente” in Italia quando si è scelto di chiudere le aule.
“Anche la Francia a un certo punto ha dovuto chiudere. Ci sono stati anche altrove atteggiamenti altalenanti. È inevitabile. Purtroppo in pandemia molte acquisizioni di conoscenza vengono fatte in corso d’opera. Noi dovevamo imparare mentre affrontavamo i problemi”.