Ai ricchi gli aiuti più consistenti, ai poveri e stranieri il 'pacco da sfigati': ai domiciliari una sindaca leghista

Michela Rosetta, sindaca di san Germano Vercellese, è ai domiciliari con l'accusa di aver negato gli aiuti alimentari per l'emergenza Covid ad anziani e stranieri poveri

Michela Rosetta
Michela Rosetta
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15 Gennaio 2021 - 10.50


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La sindaca leghista di San Germano Vercellese, Michela Rosetta, si trova ai domiciliari insieme a un consigliere comunale perché coinvolta in un’inchiesta della Procura di Vercelli che vede indagate altre sette persone. È infatti emerso che la sindaca ha negato gli aiuti alimentari acquistati con i fondi statali per l’emergenza Covid a stranieri e anziani non autosufficienti, e sono invece stati donati alle famiglie ricche. I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, peculato, falso materiale e ideologico e abuso d’ufficio.
Secondo gli inquirenti, sarebbero stati direttamente Rosetta e il consigliere Giorgio Carando a gestire gli aiuti alimentari per l’emergenza Covid destinati alle famiglie povere, distribuendoli illecitamente a famiglie con redditi oltre ai 7mila euro mensili anziché ai veri beneficiari dei fondi statali: anziani non autosufficienti, nuclei con redditi bassi o con figli minori o disabili, o stranieri in difficoltà. Nelle intercettazioni emergono frasi con cui i due arrestati ammettono di avere “figli e figliastri” e di consegnare, ai soggetti a loro meno graditi, il “pacco da sfigati”.
Nella stessa operazione, condotta dal pm Davide Pretti, sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione in caserma anche un altro consigliere comunale, un ex dipendente e una quinta persona. Oltre alla distribuzione dei pacchi, la procura contesta anche l’acquisto di generi non essenziali.
Significativa la vicenda di una cittadina extracomunitaria a cui il sindaco avrebbe negato gli aiuti dopo la richiesta di evitare alcuni alimenti per motivi religiosi. Le indagini hanno riguardato anche l’abbattimento dell’ex chiesa di Loreto, a San Germano, dopo il crollo di una parte di facciata che, hanno accertato i pm, sarebbe stato procurato volontariamente. Per questo motivo c’è anche l’accusa di distruzione di beni sottoposti a vincolo culturale.

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