Il Bel Paese da tempo è soltanto un formaggio di discreta tradizione, peraltro uscito dai radar della pubblicità. Ormai ci sono due Italie, una brutta, sporca e cattiva, l’altra quella che resiste. Oggi, per quel che è accaduto e per quel che si è sentito, le abbiamo viste rappresentate benissimo, in due luoghi diversi, incarnate da due uomini delle istituzioni. Quando tutto passerà, si dovrebbe scrivere – a futura memoria – una storia scellerata di questa pandemia, una raccolta delle cazzate dette e scritte, con una appendice: i nomi di chi ha detto e fatto cose scellerate. Temendo di restarne fuori, il presidente della Regione Liguria questa mattina, si è assicurato un posto d’onore nel libro da scrivere, ipotecando anzi un capitolo tutto suo.
Ha scritto Toti, e vale ripeterlo perché – è vero – si stenta a ipotizzare che a qualcuno possa venire in mente di scriverlo, dicevamo a scritto Toti:”Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate”. Questo ha detto, dunque, Totti, che da giornalista dovrebbe avere un impegno in più a pesare le parole. Che da presidente di una comunità straordinaria, quella ligure, avrebbe dovuto avere un’accortezza in più prima di parlare, anche perchè non ha l’obbligo di parlare, il diritto di parlare a vampera. Spesso i silenzi e il lavoro sono più produttivi.
Poi, naturalmente, sentito il chiasso, Toti ha provato a mettere una pezza. Eppure dovrebbe sapere, avrebbe dovuto sentirlo in gioventù dagli anziani saggi, che le pezze fanno più largo il buco. E il tema delicatissimo nel quale si era ficcato Toti era tema che poco si prestava alle toppe.
Il presidente della Regione è poi stato particolarmente sfortunato, dopo essere stato imprudente e maldestro. Nella stessa giornata della cazzata da lui affidata ai social, l’altra Italia, quella che resiste al brutto, allo sporco e alla cattiveria sentiva di dover essere a Castagneto, un paesino del Bresciano, di quella provincia sfortunata che nella prima ondata della insidiosa pandemia aveva pagato con 2.751 morti.
A Castagneto, a sorpresa, eccola l’altra Italia, eccola incarnata da Sergio Mattarella. Senza farsi annunciare se non proprio quando stava arrivando in paese, il Capo dello Stato è entrato nel piccolo cimitero di Castagneto, messo in tilt dalle morti di primavera. Per rendere omaggio a chi non c’è più, e tra loro tanti anziani così poco”indispensabili”. Per loro, per ricordarli tutti, anziani e non, una vecchia farmacista aveva sentito di dover ricordare le vittime di questa strage donando alla comunità una targa da murare in una delle pareti del cimitero. C’era rimasta poche ore, poi era stata divelta, vandalizzata da un rappresentante di quella Italia brutta, sporca e cattiva che vorrebbe farci nuotare nel limaccioso. Con un sol gesto, piccolo e grande insieme, discreto e forte, Mattarella ha scritto una splendida prefazione di quel libro che auspichiamo.
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