L’avevo incontrato di recente al centro studi di Bagnoregio intitolato a san Bonaventura. Ammiratore e studioso del successore di san Francesco come papa Benedetto XVI che gli aveva dedicato la tesi di laurea, suo amico da sempre, amicizia proseguita con frequenti incontri e dialoghi mai interrotti.
Dopo essere stato vescovo di Viterbo, sua ultima sede, si era ritirato nella sua casa di Rieti apprezzato e avvolto nell’affetto di tutti con discrezione e cordialità aveva rapporti frequenti con il vescovo monsignor Pompili.
Insieme hanno accolto papa Francesco nella visita a Greccio dello scorso Natale. Personalmente ho avuto la fortuna e la gioia di incontrarlo negli anni universitari della Fuci, specie durante le belle passeggiate estive tra i boschi di Camaldoli: ogni passo, ogni sosta erano occasione di riflessione e approfondimento, sguardi ed aperture di orizzonte sui problemi della chiesa, le angustie della politica, lo strazio per le stragi e la tragica fine di Aldo Moro che neppure lo straordinario appello di papa Montini riuscì a smuovere il cuore ottuso dei feroci brigatisti.
Ma il contributo del nostro amico futuro vescovo non smarriva mai la dimensione religiosa e al fondo il grande mistero dell’esperienza umana incomprensibile senza lo sforzo di misurarsi quotidianamente anche col valore del sacrificio del dolore e della possibile sconfitta.
Perché altro resta il nostro destino , altro deve essere il senso della nostra fatica e della stessa morte perché all’OLTRE siamo destinati.
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