Il racconto della vittima di Montella: "Mele marce? Tutto il cesto è marcio"
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Il racconto della vittima di Montella: "Mele marce? Tutto il cesto è marcio"

La storia di una delle quattro persone che secondo le indagini sono state arrestate illegalmente: "Hano strattonato mia madre e mi hanno schiaffeggiato, a casa hanno spaccato tutto"

Carabinieri davanti alla caserma di Piacenza sotto sequestro
Carabinieri davanti alla caserma di Piacenza sotto sequestro
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28 Luglio 2020 - 17.38


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Storie terribili: quando tre dei carabinieri della Levante, ora in carcere, sono entrati in casa sua per perquisirlo in cerca della droga, lo hanno schiaffeggiato. Il più aggressivo era Giuseppe Montella: è stato lui ad aggredire sua madre, strattonandola. “Li stai facendo stare male tu, i tuoi”, gli diceva invece l’appuntato dei carabinieri. In caserma, poi, gli hanno negato l’acqua e zucchero che aveva chiesto.
E questa la denuncia di una delle quattro persone che, secondo la procura di Piacenza, nei sei mesi delle indagini sono state arrestate illegalmente dai militari della stazione Levante. E’ lui il primo dei quattro a parlare di quanto accaduto quando si è trovato a fare i conti con ‘Peppe’ Montella e i suoi colleghi.
L’uomo è stato arrestato lo scorso 3 aprile per detenzione di sostanze stupefacenti: del chilo e mezzo di marijuana che i carabinieri gli hanno trovato e sequestrato nella casa dove abita con i genitori, poco fuori Piacenza, Montella se n’è presi 362 grammi – pesandoli in farmacia per essere più preciso – consegnandoli poi a due suoi spacciatori di fiducia con l’incarico di rivenderla, secondo quanto ricostruito dagli atti dell’indagine. Un arresto che per gli inquirenti “conferma il modus operandi” dei carabinieri della Levante: eseguito grazie a un informatore, aveva la “finalità principale” di “avvantaggiare il sodalizio criminale” di cui Montella faceva parte e di “eliminare la concorrenza di uno spacciatore”.
Lo scorso 3 aprile, dunque, Giuseppe Montella, Giacomo Falanga e Salvatore Cappellano (il maresciallo Marco Orlando, ex comandante della stazione, compare nel verbale ma in realtà non era presente) sono andati a prelevare l’uomo al lavoro. “Poi mi hanno portato a casa in manette – racconta il protagonista, che preferisce mantenere l’anonimato -. Io per prima cosa ho detto loro che volevo un avvocato e di farmi vedere il mandato di perquisizione, ma loro mi hanno risposto che non ce n’era bisogno”.
Per cercare lo stupefacente nell’appartamento “hanno spaccato tutto”, dai cassetti ai cristalli dei quadri. Ma, soprattutto, dal racconto dell’uomo emerge quella che nell’ordinanza di custodia cautelare viene definita la “violenza verbale e fisica immancabilmente utilizzata” dai militari: “Montella ha strattonato mia mamma, poi le ha impedito di andare in bagno e anche di portarmi un bicchiere d’acqua – prosegue -. Mio padre, invece, è cardiopatico, e io l’ho detto subito ai carabinieri, chiedendogli di comportarsi bene. Ma loro niente, umanità zero”.
Il padre, in effetti, è poi stato male durante la perquisizione: “Gli hanno messo pressione, continuavano a chiedergli dove fosse la roba e a dirgli che ci avrebbero mandato i cani in casa”.
Dopo il ritrovamento della marijuana, prosegue il diretto interessato, “Montella mi ha dato un paio di schiaffi. Ma io cosa dovevo dire? Mi stavano portando dentro, se anche lo avessi detto al giudice pensi che mi avrebbe creduto? Loro sono le forze dell’ordine, tu sei il delinquente. Ti arrestano e ti prendi quattro o cinque sberle, è quasi una prassi, non ci scappi. Almeno qua a Piacenza è così”.
Secondo lui, Montella e i colleghi “non sono ‘mele marce’, è tutto il cesto che è marcio”. Diverso, però, l’atteggiamento tenuto nei suoi confronti dai carabinieri della caserma centrale di via Beverora, dove lui ha passato tre giorni in cella di sicurezza dopo l’arresto: “Ho trovato persone squisite, sono stato trattato con i guanti. Mi hanno anche chiesto se fossi cattolico o musulmano per rispettare la mia dieta. Invece alla Levante ci sono stato solo due ore e quando ho chiesto acqua e zucchero mi è stato risposto di no, perché dovevo soffrire”.
Ora l’uomo, insieme al suo avvocato Antonino Rossi del foro di Piacenza, ha preparato una querela relativa ai fatti già contenuti negli atti dell’indagine. “Il mio cliente, che è già persona offesa nella vicenda – spiega l’avvocato – si mette a disposizione dell’autorità inquirente per qualsiasi dichiarazione che venga ritenuta opportuna. E molto probabile che verrà sentito”.

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