Il cardinale Matteo Zuppi: "Guardare gli omosessuali come li guarderebbe Dio"
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Il cardinale Matteo Zuppi: "Guardare gli omosessuali come li guarderebbe Dio"

L'arcivescovo di Bologna nella prefazione al libro di Luciano Moia "Chiesa e omosessualità. Un'inchiesta alla luce del magistero di papa Francesco" (San Paolo).

Monsignor Zuppi
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3 Luglio 2020 - 14.34


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Parole sagge: “Ciò che è veramente disatteso dalle nostre comunità, in fondo, è l’ascolto profondo della persona nelle sue situazioni di vita; non guardiamo la persona come la guarda Dio, in modo unico, e per questo non siamo capaci di accompagnare le persone a trovare la propria e originale pienezza di relazione con Lui. Quando nelle nostre comunità cominceremo davvero a guardare le persone come le guarda Dio, allora anche le persone omosessuali – e tutti gli altri – cominceranno a sentirsi, naturalmente, parte della comunità ecclesiale, in cammino”.

Lo afferma il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, nella prefazione-intervista al cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, al libro di Luciano Moia, coordinatore redazionale del mensile di Avvenire, “Chiesa e omosessualità. Un’inchiesta alla luce del magistero di papa Francesco” (San Paolo).
Il volume raccoglie le interviste uscite sul mensile “Noi famiglia & vita” tra l’ottobre 2018 e il settembre 2019. Dalle parole di Maurizio Faggioni, Stefano Guarinelli, Pier Davide Guenzi, Paolo Rigliano, Victor de Luna, Damiano Migliorini, Giovanni Salonia, Cristina Simonelli, Maurizio Chiodi, Lucia Vantini, Roberta Rosin, Aristide Fumagalli e Gianni Geraci, emerge l’esigenza di ripensare i modi e le forme di un’accoglienza che non può ignorare la realtà e i bisogni specifici della persona.
“La dottrina della Chiesa”, afferma Zuppi nella prefazione publicata dall’Osservatore Romano, “distingue tra orientamento e atti; ciò che non possiamo ‘accogliere’ è il peccato espresso da un atto. L`orientamento sessuale – che nessuno ‘sceglie’ – non è necessariamente un atto. Inoltre, esso non è separabile dall`identità della persona; accogliendo la persona non possiamo prescindere dal suo orientamento”.

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