Nel 2019 Avviso Pubblico ha censito 559 atti intimidatori, di minaccia e violenza nei confronti degli amministratori locali, una ogni 15 ore. Sono state 83 le Province coinvolte (oltre il 75% del territorio nazionale) e 336 i Comuni colpiti, il dato più alto mai registrato. Per la seconda volta nella storia di questo Rapporto sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni d’Italia. Sono i dati contenuti nel rapporto ‘Amministratori sotto tiro’, realizzato da Avviso Pubblico, che censisce i casi di minacce e di intimidazioni ai danni degli amministratori locali e del personale della Pubblica amministrazione avvenuti nel corso dell’anno 2019.
Esistono delle differenze tra quanto accade nel Centro-Nord e nel Sud Italia. Il 61% del totale dei casi censiti (342) si è registrato nel Mezzogiorno, in particolare il 42.6% dei casi nel Sud (percentuale stabile rispetto al 2018) e il 18.6% nelle Isole (in calo). Il restante 39% del totale (217 casi censiti) si è verificato nel Centro-Nord, dove si riscontra un aumento del 5.5% delle minacce e intimidazioni rispetto al 2018. Da segnalare anche un deciso incremento dei casi complessivi nelle regioni del Nord (da 102 a 147), mentre si registra un calo nei territori del Centro (70 casi).
Per il terzo anno consecutivo la Campania si conferma la regione in cui si è registrato il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale, con 92 casi censiti. Segue la Puglia che, con i suoi 71 casi, ha fatto segnare il maggior incremento di tutto il territorio nazionale rispetto al 2018. Terzo posto per la Sicilia con 66 casi censiti, regione in cui emerge un dato in netta controtendenza rispetto al recente passato (-24%).
Si conferma sui livelli dell’anno precedente la Calabria, con 53 casi. Quinto posto per la prima regione al di fuori del Mezzogiorno: 46 atti intimidatori registrati in Lombardia, che rappresentano un nuovo record per le regioni del Centro-Nord Italia. In calo i casi censiti in Sardegna (38), stabile il Lazio (36). A chiudere le prime 10 posizioni ci sono l’Emilia Romagna (29, in aumento), la Toscana (24, in netto calo) e il Veneto (23). A livello provinciale si registra un’altra conferma: anche nel 2019 il territorio più colpito è Napoli con 41 casi, seppur in calo del 13% rispetto al 2018. Seguono Roma (24 casi), Cosenza (22), Foggia (21), Palermo e Torino (18), Salerno e Lecce (17), Milano (16) e Avellino (15).
Nel 2019 è stato il mese di aprile quello in cui si è riscontrato il maggior numero di intimidazioni: 58 casi. Una conferma di come il periodo della campagna elettorale (nel maggio 2019 sono stati chiamati al voto il 48% dei Comuni italiani) sia in assoluto il più difficile. Tra marzo e maggio infatti la media delle intimidazioni settimanali raggiunge quota 12 (a fronte di una media annuale di 10,7). Preoccupa il raddoppio della percentuale di minacce rivolte ai candidati alle elezioni amministrative (10% del totale, rispetto al 5,4% fatto registrare nel 2018). In più di un’occasione le intimidazioni hanno indotto le vittime a decidere di rinunciare alla candidatura.
L’87% delle intimidazioni censite nel 2019 sono state di tipo diretto (percentuale più alta di sempre, +6% rispetto al 2018). Questo significa che gli amministratori locali e il personale della Pubblica amministrazione, dirigenti e impiegati comunali, presidenti di enti e aziende partecipate, personale di altre strutture locali, sono stati minacciati direttamente come persone.
Nel 13% dei casi le minacce sono state di tipo indiretto. In questo caso sono stati colpiti municipi, uffici, strutture e mezzi adibiti al ciclo dei rifiuti, a servizi sanitari, idrici, elettrici e del trasporto pubblico. Tra le minacce di tipo indiretto, vanno annoverate anche le intimidazioni rivolte a collaboratori e parenti, come ad esempio genitori, mogli, mariti, fratelli e sorelle. Particolarmente significativo il numero di minacce e aggressioni nei confronti del personale della Pubblica amministrazione: il 27% del totale (in leggero calo rispetto al record del 30% fatto registrare nel 2018). Tra le persone maggiormente prese di mira da minacce e intimidazioni dirette si confermano gli amministratori locali (56% dei casi, stabile rispetto al 2018). Tra questi, in particolare i sindaci (57,3%), seguiti dai consiglieri comunali (22,5%, in aumento), assessori (12,8%) e vicesindaci (5,2%).
Ecco l’identikit dell’amministratore sotto tiro, secondo quanto emerge dal rapporto: sindaco di un Comune superiore ai 20mila abitanti di un territorio a tradizionale presenza mafiosa, che viene aggredito fisicamente o a cui viene bruciata l’auto parcheggiata nei pressi dell’abitazione
Le aggressioni e gli incendi rappresentano le due principali tipologie di intimidazione messe in atto nei confronti degli amministratori locali (18.6% del totale dei casi censiti per ciascuna tipologia). In continuità con un trend emerso negli ultimi anni, si conferma l’aumento dei casi registrati sui social network (15% del totale), seguiti da minacce verbali (12.6%) e invio di lettere, biglietti e messaggi minatori (11.6%). Seguono i danneggiamenti (8%), le scritte offensive o minacciose (6%), l’invio di proiettili (4%), l’utilizzo di ordigni, molotov ed esplosivi (2%) e l’invio di parti di animali (1.6%).
I casi di minacce, dirette e indirette, che hanno visto coinvolte le amministratrici sono stati il 16.5% del totale: 92 intimidazioni complessive, il 2.5% in più rispetto al 2018. Le tipologie di minacce utilizzate per intimidire le amministratrici locali o il personale femminile della Pubblica Amministrazione sono le stesse utilizzate per gli uomini: a cambiare sono le percentuali. Dei 92 casi citati, il 20.6% si riferisce ai social network, il 18.4% a lettere e messaggi minatori, il 13% ad incendi, l’11% ad aggressioni.
Un terzo (il 33,6%) trae origine dal malcontento suscitato da una scelta amministrativa sgradita. Un altro 18% è riferibile ad un vero e proprio disagio sociale, come la richiesta di un sussidio economico o problemi legati al tema del lavoro. Il 17% si riferisce invece a casi di “violenza politica”, estremismi di entrambe le sponde politiche. Il 13% di minacce è strettamente collegato a casi di intolleranza connessi al tema dell’immigrazione e all’accoglienza dei rifugiati.
Il 13% degli atti intimidatori in Enti sciolti per mafia. Ben 71 atti intimidatori, circa il 13% del totale, si sono verificati in 40 Comuni che, in un passato più o meno recente, sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa. Nel 2019 sono stati 21 i consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose in Italia. Ventisei, invece, i decreti di proroga di precedenti scioglimenti. Dal 1991 è la settima volta che viene superata la soglia dei 20 scioglimenti: considerando anche le proroghe, nel 2019 si è ottenuta la cifra più rilevante nei 29 anni di applicazione della normativa.
I sindaci e gli amministratori pubblici rappresentano un “baluardo di legalità” e avranno compiti che saranno fondamentali nella fase di ripresa dopo la pandemia di Covid-19, “perché le mafie tenteranno nuovamente di inserirsi, di condizionare le scelte politiche e economiche, per fare affari, creare consenso e reclutare proseliti soprattutto tra chi è in difficoltà e tra i giovani. In questo i sindaci dovranno essere un presidio fermo e sicuro”. E’ quanto dichiara il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, in un’intervista contenuta nel rapporto ‘Amministratori sotto tiro’.
“I sindaci e gli amministratori pubblici rappresentano il baluardo di legalità – continua Cafiero De Raho – Per questo dovrebbero interpretare il loro ruolo nella difesa della collettività, per il soddisfacimento degli interessi dei cittadini, il rispetto dei diritti, la trasparenza. Concetti che riempiono questo ruolo e una società quale appunto quella del Comune o della Regione. Di fronte ad amministratori pubblici che osservano le regole e vogliono che vengano rispettate, ce ne sono invece altri che si avvalgono del sostegno del voto delle mafie o del cartello di imprese che immaginano poi di conseguire un premio di ritorno”. Amministratori che, aggiunge il procuratore, “vengono eletti su una base che scricchiola già all’origine. Non sono molti ma espongono ancora di più coloro che fanno il loro dovere, che rischiano interpretando la loro attività nel pieno rispetto delle regole”.
“Abbiamo sindaci che sono stati eletti proprio perché sono portatori di legalità o comunque assicurano un’eguaglianza – conclude – un rispetto delle regole. Certo non è per tutti così, però probabilmente coloro che aspirano a quel ruolo, oggi hanno una formazione diversa. Sento parlare tanti sindaci con un linguaggio che ci accomuna e questo fa ben sperare per il futuro. E quindi anche i compiti a cui sono chiamati i primi cittadini, soprattutto nella prossima fase di ripresa dopo la pandemia del Covid-19, spero che in gran parte verranno adempiuti con la lealtà, la rettitudine, la trasparenza che compiti fondamentali come questi richiedono. In particolare ora, perché le mafie tenteranno nuovamente di inserirsi, di condizionare le scelte politiche e economiche, per fare affari, creare consenso e reclutare proseliti soprattutto tra chi è in difficoltà e tra i giovani. In questo i sindaci dovranno essere un presidio fermo e sicuro”.