Coronavirus: chissà se saremo capaci di trasformare il dolore per rinnovare le nostre vite ottuse
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Coronavirus: chissà se saremo capaci di trasformare il dolore per rinnovare le nostre vite ottuse

Oggi non è tempo di malinconie, perché c’è tutta la bellezza della vita nei ragazzi ritrovati, e non è retorica pensare che un mondo senza giovani è davvero un mondo senza futuro e senza speranza.

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Antonio Rinaldis Modifica articolo

25 Marzo 2020 - 20.50


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Mercoledì 25 marzo. 20° giorno

Oggi vi parlo dei ragazzi. Della gioia che ho provato nel momento in cui abbiamo creato un gruppo whatsapp di classe e mi sono arrivati i messaggini di risposta, uno dopo l’altro si sono riaffacciati sulla scena della mia vita i nomi, i volti, le parole semplici dei miei compagni di viaggio che il virus non ha portato via. Ed ho sentito in quelle brevi formule di saluto che quello che stava per iniziare era il tempo ritrovato. Il tempo perduto era tutto quello che c’era prima e che adesso sembra così lontano, persino irreale, anche se quel tempo perduto era la nostra vita quotidiana, con i suoi riti, le abitudini, i nostri capricci. Era la normalità, che come sappiamo bene è solo una metafora per racchiudere ciò che rassicura e protegge, contro la quale spesso ci ribelliamo e alla quale adesso volgiamo i nostri pensieri pieni di nostalgia. Ed è così struggente questo tempo perduto che mi commuovo se immagino il sapore di un caffè preso al bar.
Però oggi non è tempo di malinconie, perché c’è tutta la bellezza della vita nei ragazzi ritrovati, e non è retorica pensare che un mondo senza giovani è davvero un mondo senza futuro e senza speranza.
E poi ci sono i loro pensieri, a volte così sorprendenti e originali che vale la pena riportarne qualcuno. Ho chiesto a una classe di commentare alcuni passaggi de La Peste di Camus e tra i commenti ne scelgo uno, quello di un ragazzo che ha sottolineato come troppe persone non sappiano affrontare il virus, l’emergenza, l’esilio, perché non sono capaci di modificare le loro abitudini, il loro modo di stare al mondo, che è talmente radicato e ripetitivo da non prevedere alcun cambiamento. Il ragazzo esorta noi tutti a ragionare, a riflettere su quanto sta accadendo, a captare i segnali per un possibile cambiamento che è tanto necessario quanto difficile, e chissà se saremo capaci di trasformare il dolore di questi giorni per rinnovare le nostre vite ottuse

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