Lunedì 9 marzo. 5° giorno
Oramai è del tutto evidente che le scuole non riapriranno fra una settimana, ma agli inizi di aprile nella migliore delle ipotesi, ma qualcuno comincia a ipotizzare che torneremo in aula dopo Pasqua, anche se altri, ancora più pessimisti, pensano a maggio, quando il caldo avrà sconfitto il virus invernale. In realtà nessuno sa niente, si va per tentativi, e spesso si fallisce, perché nessuno è in grado di prevedere quando si arresterà l’ondata di contagiati, che in questi giorni sta crescendo in maniera esponenziale. Ma tutto questo è risaputo. È l’orgia informativa nella quale siamo immersi. Quello che invece non si sa sono le storie personali, i tentativi di orientarsi nell’emergenza.
E allora c’è Silvia, che insegna inglese e che decide di fare il grande passo, come richiesto dal Ministero della Pubblica Istruzione e si appresta a tenere lezioni a distanza. Dalla teoria alla pratica però il passo non è così breve. Questi sono i suoi pensieri da insegnante virtuale.
“Chi mi filma mentre parlo? Facciamo che uso mio marito come cameramen. Poi scelgo l’argomento, che non deve essere troppo noioso. Scelgo di parlare del Pancake Day che si tiene in Gran Bretagna il martedì grasso; le riprese le facciamo nella mia cucina per rendere più realistica la lezione, che tengo naturalmente in inglese e spiego come si prepara il dolce. A questo punto cominciano a venirmi dei dubbi atroci: cosa vedranno i miei studenti? I magneti che ho sul frigo, la polvere che staziona sulla mensola dei ricettari, gli ingredienti che non si amalgamano bene. E se qualcuno manipola il video e finisco su you tube? Insomma troppi problemi. Alla fine rinuncio alla lezione di cucina, preparo un questionario di grammatica e see you soon.”
E se tutti quanti provassimo ad accettare l’idea che il virus ci chiede di fermarci, di smettere di fare in maniera compulsiva?
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