Anche sul 25 aprile è scontro tra i due vice presidenti. Non si era mai visto neppure ai tempi del governo Tambroni, costretto a dimettersi da veri e propri moti di protesta popolare, comunisti in testa. Ma anche per la fermezza e la ripulsa della democrazia cristiana di Aldo Moro.
Come ai tempi del 25 aprile che si ricorda e si celebra oggi in tutta Italia, si concludeva vittoriosamente la lotta di resistenza e di liberazione, con l’apporto determinante degli alleati anglo americani dopo la resa di Cassibile. Nel resto d’Italia, specie sopra la linea gotica, si sviluppò man mano la lotta di liberazione dal nazifascismo, con l’apporto di forze diverse, con differente ispirazione ideale, unite però dalla forte passione per la libertà e per la sconfitta dello straniero in Italia ed in Europa.
Fu un moto straordinario, di popolo, che voleva riscattare l’Italia dall’ignominia e dal terrore. Nei paesi e nelle città, nelle campagne e sui monti si formarono brigate di partigiani che progressivamente misero in fuga i nazifascisti, vendicarono le loro crudeltà e con un generale scampanio di tutti i campanili annunziarono che finalmente l’Italia era libera. Non mancarono episodi tristi e di guerra civile, che non possono però offuscare il valore di fondo della Resistenza e del 25 aprile, data di nascita della nuova Italia e del suo cammino democratico.
Che un vicepresidente del Consiglio banalizzi gravemente tutto questo e parli della inutilità di “ricordare“ la lotta tra comunisti e fascisti che ora non esistono più è incredibilmente grave, prima di tutto sotto il profilo politico istituzionale, non meno che su quello storico e specialmente culturale. Se gli uomini più rappresentativi del governo, alle prese per altro con difficoltà insolubili, offrono alle nuove generazioni una visione ed interpretazione siffatta della Liberazione, tutto ciò contribuisce a rendere pericolosamente inadeguato tutto il processo formativo dei nostri ragazzi, privato di ogni riferimento storico e istituzionale, delle ragioni del nostro stare insieme, della scelta per rinnovare l’Europa e per conquistare nuovamente un ruolo di equilibrio e di pace nel nuovo contesto internazionale.
C’è certo anche una grande responsabilità della scuola e delle famiglie che restano però disarmate dinanzi ad affermazioni come quelle di Salvini che contraddirebbero qualunque sforzo di formazione civica da parte di insegnanti e genitori. Purtroppo è l’immagine complessiva di un governo inetto che litiga su tutto e si preoccupa solo di sopravvivere e di continuare: in una lotta quotidiana per sconfiggere con ogni mezzo l’alleato avversario, sperando di conquistare qualche voto di più mentre tutto va in malora.
Negare il 25 aprile vuol dire privare i più giovani di una coscienza italiana
Ridurre la Liberazione d'Italia a un 'derby' tra fascisti e comunisti significa negare il momento in cui siamo, tutti, diventati italiani
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Nuccio Fava Modifica articolo
24 Aprile 2019 - 20.12
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