Mafia: i colletti bianchi sono sempre di moda. A Palermo, protagonisti della cronaca, oggi, un avvocato, un notaio, un direttore di banca. Professionisti a disposizione dei Graziano, costruttori boss del quartiere Acquasanta. Per loro, l’accusa è pesante. Su ordine della procura distrettuale antimafia, questa mattina, i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria hanno notificato all’avvocato Nicolò Riccobene un provvedimento di interdizione, non potrà esercitare la professione.
La procura chiedeva gli arresti domiciliari per il penalista, che è accusato di favoreggiamento, il gip Fabrizio La Cascia ribadisce nella sua ordinanza i gravi indizi di colpevolezza, ma ritiene sufficiente una sospensione temporanea dall’albo professionale, considerati anche i 72 anni dell’indagato. Sono state le intercettazioni a svelare il ruolo di Riccobene, avvocato molto noto a Palermo, ora accusato di essere andato ben oltre il suo mandato professionale aiutando i Graziano a recuperare in modo riservato alcune somme di denaro gestite dal riciclatore del clan, un altro insospettabile, l’avvocato civilista Marcello Marcatajo, arrestato a gennaio.
Secondo la ricostruzione della procura, Riccobene avrebbe fatto addirittura da “messaggero” del boss Vincenzo Graziano, il reggente del clan Resuttana accusato nei mesi scorsi di aver procurato e conservato l’esplosivo per un attentato al pm Nino Di Matteo, dal carcere mandava ordini a Marcatajo per la gestione del patrimonio.